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Ron Howard è un regista che seppur nel suo approccio classico alla materia, ha sicuramente una propria visione. Sarebbe estremamente riduttivo definirlo, come fanno in molti, come un “regista che dove lo metti sta”, a suggerire che riesce a fare bene tutto senza però imprimere una qualche personalità ai suoi lavori.
“Skyscraper” di Rawson Marshall Thurber (“Dodgeball”), più che una versione steroidea del primo indimenticabile “Die Hard” di John McTiernan, assomiglia a una operazione antologica del genere rivolta ad un pubblico orientale
Guadagnino sa bene di non poter rifare un film divenuto un classico del cinema horror e quindi si stacca completamente dall’originale, costruendo sullo scheletro del capostipite argentiano una storia articolata, per nulla banale, femminista e addirittura politica.
Il mostro può contare su una fisicità e presenza scenica, talmente forte e amplificata dal bellissimo lavoro su fotografia e scenografia, che ruba la scena a chiunque sia presente durante le sue apparizioni, ma a parte questo non c'è nulla di cui gioire durante la visione.