Skyscraper

Skyscraper – Manca Bruce Willis

Il protagonista di “Skyscraper”, Will Sawyer, è un ex militare che mutilato a una gamba in missione si ritrova a fare l’analista per sistemi di sicurezza civili. Gli viene commissionata un’analisi sulle criticità strutturali che il condominio più alto e tecnologico del mondo, il “Pearl”, potrebbe presentare in caso di incendio. Sawyer si reca quindi a Hong Kong assieme ai figli e la moglie, un chirurgo della marina statunitense, per consegnare l’esito della sua perizia e chiudere così il suo più grosso appalto. Un gruppo di criminali desideroso di estorcere alcuni dati informatici custoditi dal proprietario del “Pearl” nel suo attico bunker, metterà fuori uso i sistemi di sicurezza facendo scoppiare un incendio all’interno della struttura. Will Sawyer si ritroverà aa affrontare una corsa contro il tempo, per rientrare nel palazzo e mettere in salvo la sua famiglia.

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“Skyscraper” di Rawson Marshall Thurber (“Dodgeball”), più che una versione steroidea del primo indimenticabile “Die Hard” di John McTiernan, assomiglia a una operazione antologica del genere rivolta ad un pubblico orientale in cerca di nuove traiettorie visive fondate su un immaginario conosciuto: Hong Kong. La pellicola con protagonista Dwayne Johnson illude/delude le aspettative proprio perché lo spettacolo pur compatto e divertente, non riesce mai a nascondere questo suo essere un meltin pot dei titoli che hanno reso celebre il cinema d’azione americano tra gli anni novante e duemila. “Skyscraper” infatti non omaggia, ingloba e ripropone derive d’azione già viste in un territorio, quello orientale, che lo supporta senza mai andare oltre confini prestabiliti (a dare una visione politica potremmo dire che l’America/Johnson è eroe ancora induscusso, ma la Cina è l’unico alleato per sconfiggere il nemico europeo).

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“Skyscraper” di Rawson Marshall Thurber (“Dodgeball”), più che una versione steroidea del primo indimenticabile “Die Hard” di John McTiernan, assomiglia a una operazione antologica del genere rivolta ad un pubblico orientale

Ecco che quindi che il palazzo immaginario capace di eclissare il Burj Khalifa per dimensioni, diventa punto di incontro perfetto tra culture diverse, uno stabile da popolare con nuove sinergie culturali ed econimiche. L’oriente diventa per Thurber e Johnson la terra da conquistare, il tassello produttivo che contiene le coordinate per la sopravvivenza di un genere in via di estinzione nel vecchio mondo, ma con serie possibilità di risorgere in un territorio dove lo sguardo non è ancora “educato” allo spettacolo che “Skyscraper” propone con un ingente dispiegamento di forze. Il film del regista americano intrattiene a dovere e qualche momento di tensione lo regala, ma risente della sua natura fortemente derivata.

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La pellicola dalla sceneggiatura alla messa in scena, assomiglia ad un meticoloso e ben curato lavoro di sartoria che prende idee da film come il già citato “Die Hard”, ma anche da “Il Fuggitivo”, “Cliffhanger” e “Mission: Impossible”, le rielabora ma senza mai riuscire da dare loro una nuova identità. Ed è qui che “Skyscraper” mostra il suo punto debole, la natura di operazione commerciale prima che cinematografica, sorretta dalle enormi spalle di Johnson, che regala ancora una volta la stessa interpretazione muscolare capace che lo rende il vero “Last Action Hero“. “Skyscraper” doveva e poteva osare di più nella messa in scena, in modo da divenire col tempo un cult di genere, ma così rimane solamente uno spettacolo da drive-in estivo. Il blockbuster americano è arrivato al momento in cui dovrebbe rimettere al centro le idee prima della rincorsa al guadagno facile. Forse avrebbe bisogno di una cura pari o maggiore di quella a cui Jason Blum ha sottoposto al cinema horror americano.

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