James Cameron – Una vita oltre la dimensione dello schermo
- 1954
- Sogni, esperimenti e il primo vero lavoro nel cinema
- Da Piraña paura a Terminator
- Alieni dallo spazio profondo agli abissi dell’oceano
- Il ritorno di Terminator e la carriera da produttore
- Cambiare la storia del cinema con una “semplice” storia d’amore
- Quando l’impossibile diventa realtà
1954
Corre l’anno 1954, in Italia il 3 Gennaio nasce “Rai – Radiotelevisione italiana”, il 29 Luglio un certo John Ronald Reuel Tolkien (lo conoscete tutti immagino) pubblica una trilogia di libri intitolata “Il Signore degli Anelli”. Mentre in Giappone il 3 Dicembre dello stesso anno, un simpatico signore di nome Ishirō Honda inaugura il genere cinematografico dedicato ai mostri grossi, con un film intitolato “Gojira” per gli amici “Godzilla“. Sempre nel 1954 gli italiani vanno in massa al cinema a vedere “Ulisse” di Mario Camerini e “Da qui all’eternità” di Fred Zinnemann, mentre in Inghilterra viene a mancare un signore di nome Alan Turing, figura che ha praticamente inventato il computer. Mentre questi e molti altri eventi si susseguivano in giro per il mondo, voglio portare la vostra attenzione nel lontano (almeno per noi abitanti dello stivale) Canada, più precisamente nel Distretto di Cochrane. Il 16 Agosto 1954 da quelle parti l’ingegnere Philip Cameron festeggiava assieme alla moglie Shirley, la nascita del loro primo figlio: James Francis Cameron. Ed è proprio in questa giornata estiva che inizia la nostra avventura alla riscoperta della vita e delle opere di James “sonoilredelmondo” Cameron, uno dei registi cinematografici più influenti della sua generazione, nonostante lo stesso anno siano nati anche Ron Award e Joel Coen, giusto per fare qualche nome che su questo blog stimiamo parecchio.
Sogni, esperimenti e il primo vero lavoro nel cinema
Cosa fare da grande?
Prima di diventare uno dei più famosi registi che abbiano calcato questa enorme roccia che noi chiamiamo pianeta terra, James Cameron, che ci crediate o no è stato un bambino che ha vissuto la sua infanzia nella fattoria di famiglia. Tra le chiacchierate con il nonno e un litigio con il parroco perché non voleva recitare le preghiere, il nostro piccolo ribelle cresceva andando a scuola, schifando lo sport e divenendo il primo di cinque fratelli. La vita per lui cambia veramente quando con la famiglia lascia il Canada per approdare in California. Nel 1974 James ha ormai vent’anni e dopo aver abbandonato il college, si dedica a lavoretti quali il bidello o il camionista, coltivando però la sua passione per la scrittura. In questo periodo inizia anche ad appassionarsi agli effetti speciali e alla tecnica cinematografica. Solo nel 1977 quando entra in un cinema e vede “Guerre Stellari” di George Lucas (i più giovani e alla moda adesso lo chiamano “Star Wars”), esce e decide di abbandonare completamente il lavoro come camionista ed entrare a gamba tesa nell’industria cinematografica. Si ma come fare?
Carie dentale, fantascienza e Roger C.
Come dicevamo per il nostro James la botta post visione di “Guerre Stellari” fu così importante che di li a poco iniziò a scrivere il suo primo cortometraggio: “Xenogenesis”. In una decina di minuti, questo racconta la storia di due astronauti, che in un futuro remoto viaggiano nello spazio in cerca di un luogo in cui dare via a una nuova civiltà. Ecco dato che dura pochissimo e su youtube lo trovate (ma siccome sono gentile ve lo metto anche qui), direi che potete darci un’occhiata.
In “Xenogenesis” non succede molto, ma da Cameron la possibilità di esordire come regista, montatore, sceneggiatore, tecnico effetti speciali…insomma i ruoli del cast tecnico li ricopre quasi tutti lui. Realizzato con ventimila dollari che il nostro canadese preferito recupera convincendo un dentista (si avete letto bene) a finanziarlo, “Xenogenesis” gli da modo di sperimentare con tutte le tecniche apprese da autodidatta durante il periodo del college, ma sopratutto fa si che un produttore dalla vista lunga e le braccia corte come Roger Corman, lo arruolasse come tecnico degli effetti speciali. Siamo nel 1978 e Cameron entra nella factory del produttore low budget per antonomasia e allo stesso tempo, dato che oltre alla carriere una strana fragranza di nome amore esplode nell’aria, decide di sposare la sua ex compagna di college Sharon Williams.
Da Piraña paura a Terminator
Pesci cannibali e un lavoro taglia XS
Sotto l’ala protettiva di Corman, il nostro canadese preferito lavora agli effetti speciali e alla direzione artistica (ma chissà poi quante altri compiti il “buon” Roger gli avrà assegnato al volo sul set) de: “I Magnifici sette nello spazio” e “Il Pianeta del terrore”. Visti i risultati che ottiene a livello tecnico, un regista che condivide le sue stesse iniziali decide di assoldarlo per curare gli effetti speciali del suo prossimo film. Sto parlando di John Carpenter (per gli amici e non “Il Maestro”) e il film in questione è “1997: fuga da New York” (confido lo conosciate tutti, altrimenti siete pregati d’interrompere la lettura, recuperare il blu-ray del film, guardarlo almeno due volte e poi tornare a leggere questa spensierata monografia). Siamo nel 1981 e Cameron vuole più di ogni altra cosa fare il salto dietro la macchina da presa e il destino lo accontenta. Ingaggiato come direttore degli effetti speciali per il seguito del successo di Joe Dante “Piranha”, si ritrova a lavorare tra Roma e la Giamaica, alle dipendenze del regista Miller Drake e del produttore Ovidio Gabriel Assonitis. Poco dopo l’inizio delle riprese tra regista e produttore le cose iniziano ad andare molto male, al punto che il nostro Ovidio decide di licenziare Miller e sostituirlo con Cameron, visto che tra tutti i membri della troupe sembrava la persona giusta (giusta = manovrabile).
Subentrato in corsa James si ritrova al timone di una produzione difficile, sia per via del budget, sia a causa del produttore, che tanto un santo non era. Assonitis infatti ha un mantra molto chiaro: “comando e voglio”, quindi dopo aver litigato con Drake, secondo voi quanto tempo è passato prima che accadesse la stessa cosa con Cameron? Ve lo dico io, è passato giusto un paio di giorni dopodiché mette da parte il nostro Jimbo e dirige lui il film, nonostante alla fine l’unico regista accreditato di “Piraña paura” sia James Cameron.
Febbre da “Terminator”
Riguardo “Piraña paura” una cosa è certa, la pellicola non ha niente di buono per cui valga la pena ricordarla. Anzi non fosse che porta la firma del nostro canadese preferito, probabilmente oggi persino il ricordo della sua esistenza sarebbe scomparso. Ma seppur sia un porcheria, il set romano di “Piraña paura” regala a Cameron una notte di febbre e malessere (forse avrà mangiato pesante, chi lo sa), nella quale nei suoi deliranti sogni gli appare la storia di un robot che viaggia a ritroso nel tempo per uccidere una donna. In questa notte tormentata nasce uno dei personaggi più iconici della fantascienza e del cinema degli anni ottanta, il cyborg dalle sembianze umane chiamato “Terminator”.
Ripresosi dalla batosta di “Piraña paura”, James Cameron scrive la sceneggiatura del suo prossimo film tratta da quella delirante notte, la storia vede appunto un robot dalla fattezze umane viaggiare a ritroso nel tempo per uccidere la madre del futuro capo della resistenza ribelle. Dallo stesso futuro post apocalittico, in cui uomini e macchine lottano per la conquista del pianeta, viene mandato anche un soldato della resistenza per salvare la donna da morte certa e mantenere inalterato così il flusso degli eventi. James che sa di avere una discreta bomba atomica tra le mani, inizia a proporlo agli studios che si dimostrano tutti interessati a patto che non sia lui a dirigerlo.
Ora vi chiedo, se sapeste di aver creato una sceneggiatura che è oro colato per un b-movie di fantascienza, vorreste che la dirigesse qualcun’altro e magari che cambi a proprio piacimento parti della stessa durante la lavorazione? Io credo proprio di no e nemmeno James Cameron, che quindi rifiuta di vendere il suo scritto fino a quanto non incontra Gale Anne Hurd. Il nome di questa gentil donzella magari non vi dice molto, ma giusto per farvi capire ha prodotto gran parte dei maggiori successi cinematografici e televisivi dagli anni ottanta ad oggi. Alcuni esempi? “Armageddon”, “The Walking Dead”, “Relic”, “Aliens”, “L’incredibile Hulk”, giusto per citarne alcuni. Tornando a bomba come si suol dire, tra i due scatta un accordo, lei compra e s’impegna a produrre la sceneggiatura di James per un dollaro e lui in cambio potrà dirigere il film e avere una percentuale sugli incassi.
Ed ecco che le vite di entrambi cambiano per sempre dopo questo accordo, un po’ perché l’anno dopo l’uscita di “The Terminator” i due convolano a nozze (è già il nostro Jimbo è volubile e cambia moglie), un po’ perché il film a fronte di una spesa di 6,4 milioni di verdi dollari ne incassa in tutto il mondo 78, diventando un successo commerciale senza precedenti per la Orion Pictures, lanciando così le carriere di Arnold Schwarzenegger che nel film interpreta il robot assassino, Linda Hamilton, Michael Biehn e ovviamente quella del nostro James Cameron, che con una buona dose di rischio e incoscienza realizza il suo sogno di diventare regista.
Alieni dallo spazio profondo agli abissi dell’oceano
Fantascienza e dollaroni
Ora lasciamo il nostro Cameron e la sua nuova moglie a godersi sia le nozze che il successo del box-office mondiale, mentre noi proprio come il T-800 di “Terminator” facciamo un salto indietro nel tempo, più precisamente il 25 Maggio 1979. Quel giorno un gruppo di signori che forse avete sentito nominare, Walter Hill, Dan O’Bannon e il regista Ridley Scott, sotto etichetta 20th Century Fox facevano impazzire pubblico e critica con una pellicola di fantascienza intitolata “Alien”. Il film in questione è talmente importante e seminale che meriterebbe una monografia a se stante, ma siccome io confido che sappiate già tutto riguardo allo xenomorfo più famoso della settima arte, non mi dilungo in questa sede.
Sta di fatto che il film di Scott è il secondo enorme successo fantascientifico per lo studio dopo “Star Wars”, va da se che se Skywalker ha dato il via a una saga di milionaria, gli alti papaveri della Fox vedevano lo stesso radioso futuro anche per “Alien”. Peccato che un cambio al vertice della major fa arenare il progetto, in quanto il nuovo boss non credeva che si potesse realizzare un seguito che ripetesse il successo del precedente. Gli anni intanto passano e quando Joe Wizan sostituisce Norman Levy al comando della baracca, decide di dare luce verde al seguito di “Alien”. Siamo nel 1983 e alla Fox iniziano a cercare una figura che dia forma al progetto, finendo per imbattersi nella sceneggiatura di un film in fase di sviluppo che attira la loro attenzione. Indovinate di che pellicola stiamo parlando? Ma di “Terminator” ovviamente.
Cameron viene così incaricato di creare la sceneggiatura di quello che diventerà “Aliens”, in Italia “Aliens – Scontro Finale” (i bei tempi delle traduzioni colorite). Ovviamente il nostro canadese come per “Terminator” vuole essere lui a dirigere il progetto. Peccato che quando avanzava questa richiesta alla Fox si mettono a ridere visto non aveva ancora all’attivo nulla, dato che “Terminator” non era ancora stato girato. Ma dopo il successo del film con Schwarzenegger tutte le varie pedine del domino iniziano a posizionarsi nei posti giusti e con Gale Anne Hurd in produzione, Cameron alla regia e, cosa non meno importante, Sigourney Weaver a bordo come protagonista, le riprese anno inizio. A detta di Cameron “Alien” di Scott era una pellicola perfetta, che non aveva assolutamente bisogno di un seguito, quindi l’unico modo per dargliene uno era quello di staccarsi dalle atmosfere horror del modello originale e abbracciare quelle d’azione che avevano decretato il successo di “Terminator”.
L’operazione in linea teorica era semplice, via l’orrore, dentro l’azione, via il singolo alieno per una moltitudine e sopratutto questa volta togliamo gli scienziati e ci mettiamo un gruppo di marines spaziali (meno mente e più muscoli). La lavorazione iniziò nel 1985 (lo stesso anno in cui un signore di nome Robert Ballard grazie alla sua squadra di tecnici e a un sottomarino di nome Argo, ritrovarono il relitto del RMS Titanic sul fondo dell’oceano, cosa che affascinò Cameron, ma che tratteremo in seguito), per concludersi l’anno seguente e non fu per nulla semplice da gestire. Il carattere poco affabile di Cameron, la troupe che ostacolava le riprese, i signori dello studio che pretendevano tagli sia al film che al budget, hanno reso molto tesa tutta la realizzazione della pellicola. Sta di fatto che il 18 Luglio 1986 “Aliens” arriva finalmente nei cinema americani e succede esattamente quello che nessuno si aspettava, diventa un successo immediato e non la “sleeper hit” che la Fox credeva di avere tra le mani. Nell’estate in cui tutti impazzivano per “Top Gun“, James Cameron con il suo seguito “impossibile” si piazza al settimo posto degli incassi americani, confermandolo come una conferma per il botteghino. “Aliens” oggi è considerato uno dei migliori seguiti mai realizzati e per alcuni è addirittura migliore del primo capitolo, seppur non possa proporre la stessa originalità.
Alieni, tsunami e CGI
Dopo una produzione assimilabile al più turbolento giro sulle montagne russe, Cameron e Gale Anne Hurd festeggiano il successo di “Aliens” e delle varie candidature varie che il film porta a casa, tra cui l’Oscar per il miglior montaggio sonoro e quello dedicato agli effetti visivi. Va da se che con un tale successo tra le mani, i due si ritrovano con un “tesoretto” da spendere con la major di turno, in questo caso la “20th Century Fox”, per produrre il prossimo progetto con più tranquillità e libertà creativa. Ed è così che nel 1987 il nostro ha pronta la sceneggiatura di “The Abyss”, racconto sci-fi in cui un gruppo di scienziati aiutati dagli operai di una piattaforma petrolifera, tentano il recupero di un sottomarino affondato misteriosamente nei Caraibi, salvo poi scoprire qualcosa di veramente inaspettato.
Se con “Aliens” la produzione non fu semplice, con “The Abyss” si rivelò un vero inferno. Tra Cameron e la Hurd l’amore era sfiorito e durante le riprese stavano dando il via al loro divorzio, generando una leggera tensione nell’aria. Poi il fatto che quasi metà del film fosse ambientato sott’acqua ha costretto la troupe a vincere sfide inedite dovute alle immersioni subacquee. Non sono nemmeno mancati i litigi tra il regista e alcuni membri del cast, tra cui il protagonista Ed Harris, che non digerì molto bene il rischio di morire annegato. Anche la co-protagonista, Mary Elizabeth Mastrantonio, più di qualche volta cadde preda di esaurimenti nervosi dovute alle intense sessioni di riprese. Insomma la produzione di “The Abyss” non fu una passeggiata, ma sapete come si dice, quando un albero nasce storto non è facile raddrizzarlo e se fino a qui le cose non sono andate molto bene, con la post-produzione riuscirono a complicarsi ulteriormente. Infatti dopo 140 giorni di lavoro sul set iniziava la corsa al montaggio e creazione degli effetti speciali.
Sopratutto la lavorazione della grafica computerizzata da inserire fu molto complessa, aumentando ancor di più i costi di produzione (a sua discolpa va detto che rivoluzionò la CGI e il suo utilizzo). Lo studios si vide costretto a rinviare l’uscita nelle sale per via dei ritardi accumulati dal lavoro congiunto della Industrial Light & Magic e Dream Quest Images sulle parti computerizzate, ma anche perché impose un diverso finale al film, costringendo Cameron a una riscrittura dello stesso con successiva nuova sessione di riprese. Finalmente nel 9 Agosto del 1989 “The Abyss” esce nelle sale, incontrando una risposta tiepida del pubblico, come pure della critica. Quest’ultima sottolinea un’eccessiva lunghezza e un finale poco riuscito, ed è ironico che per vedere la versione definitiva della pellicola si debba attendere fino al 1992, anno in cui Cameron pagando di tasca propria assolderà nuovamente ILM per concludere il lavoro mancante al momento dell’uscita. Attenzione perchè proprio nel ’92 si scopre la verità riguardo al finale originale.
La decisione di modificarlo infatti fu dello stesso Cameron a causa dell’impossibilità della CGI di generare la sua visione in tempo per essere inserita nel montaggio finale. La Fox non impose la revisione del epilogo (come originariamente si pensava), ma era preoccupata della durata iniziale di quasi tre ore. Ad ogni modo oggi è possibile recuperare in home video entrambe le versioni e ovviamente quella del 1992 risulta sicuramente la migliore. “The Abyss” pur non avendo fatto i “botti” sperati al botteghino è diventato un cult negli anni, sia da parte del pubblico che della critica che con il tempo ha in parte rivalutato il film. Chi invece sembra odiarlo oggi come ieri è sopratutto Ed Harris, il quale si rifiuta categoricamente di rispondere a qualsiasi domanda gli venga posta sulla pellicola e la sua gestazione.
Il ritorno di Terminator e la carriera da produttore
1990 dopo le tenebre una pioggia di luce
Archiviato “The Abyss” (che comunque si porta a casa un bel premio Oscar per gli effetti visivi) e il matrimonio con Gale Anne Hurd, James Cameron assieme a Lawrence Kasanoff (regista americano nonché fondatore della Vestron, la casa che diede i natali a “Dirty Dancing”), fonda la Lightstorm Entertainment, etichetta di produzione sotto la cui ala nasceranno tutti i progetti futuri del nostro canadese preferito. Nel 1989 Cameron conosce e sposa la regista Kathryn Bigelow (“Il buio si avvicina”), per la quale scriverà (a detta sua poiché non accreditato) e produrrà ” Point Break – Punto di rottura”, che esce nelle sale nel 1991 rivelandosi un successo, ma che non basta per mantenere unita la coppia che nello stesso anno si dividerà (quello che si dice un matrimonio lampo).
Questo però non impedirà ai due di continuare il sodalizio lavorativo che porterà nuovamente la Bigelow al successo con “Strange Days” nel 1995, ma questa è un’altra storia. Se la carriera come produttore sta procedendo a gonfie vele, quella da regista di James Cameron ha bisogno di uno scossone per risollevarsi dal tonfo di “The Abyss”. Quale modo migliore se non ritornare a sviluppare qualcosa che in passato aveva dato grandi soddisfazioni? Ed è così che nel 1990 sono iniziati i lavori su “Terminator 2: Il Giorno del Giudizio” dopo che la Carolco di Mario Kassar (detentrice dei diritti) diede luce verde al progetto, mettendo sul piatto un budget iniziale di 60 milioni di dollari, che lievitarono fino a 102, rendendo la pellicola il film indipendente più costoso mai realizzato fino ad allora.
La storia ambientata una dozzina di anni i fatti del primo capitolo, vedeva non uno, bensì due cyborg terminator tornare indietro nel tempo. Uno con lo scopo di uccidere John Connor, figlio di Sarah nonché futuro capo della resistenza nella guerra contro le macchine. Il secondo terminator invece, riprogrammato dalla resistenza nel futuro, viene rispedito nel passato per salvare il futuro leader della stessa. Il cast ritrova Arnold Schwarzenegger, questa volta nei panni del cyborg che soccorrerà il ragazzo e Linda Hamilton nuovamente in quelli di Sarah. Ad affiancarli Edward Furlong nel ruolo del giovane Connor, mentre Robert Patrick dona le proprie fattezze allo spietatissimo T-1000, androide composto da metallo liquido che può replicare la forma degli esseri con cui entra in contatto.
La corsa contro il tempo per il futuro dell’umanità vede le dimensioni aumentare di pari passo con le ambizioni di spettacolarità che Cameron vuole raggiungere. “Terminator 2: Il Giorno del Giudizio” oltre a rivelarsi un solido film di fantascienza, punta maggiormente sull’azione e gli effetti speciali in computer grafica per spettacolarizzare ed ingigantire il racconto. Il 1° luglio 1991 esce a Los Angeles il film e diviene presto un successo inarrestabile. Critica e pubblico elogiano il lavoro del regista e dei tecnici degli effetti speciali. In una escalation al box office che manterrà la pellicola ai primi posti delle classifiche mondiali per molto tempo, “Terminator 2: Il Giorno del Giudizio” termina la sua corsa con un incasso di 520 milioni di dollari, confermandosi uno dei maggiori di sempre, dietro solo a “E.T. Extra-Terrestre” e “Star Wars”. Durante la lavorazione di “Terminator 2: Il Giorno del Giudizio” Cameron e la Hamilton iniziano una relazione che si trasformerà in matrimonio solamente nel 1997, ma che nel 1993 diede loro una figlia.
Verità e bugie
Dopo il successo incredibile di “Terminator 2” James Cameron può fare praticamente quello che vuole. Decide quindi di concentrarsi nello sviluppo della sua saga fantascientifica, ma purtroppo la Carolco di Mario Kassar che detiene i diritti sul marchio non naviga in buone acque a causa di una gestione poco oculata delle finanze. Quindi chiude nel cassetto le idee per i seguiti di Terminator e inizia a scrivere assieme a Ted Newsom, John Brancato, Barney Cohen e Joseph Goldman (pseudonimo di Menahem Golan), un proprio adattamento di “Spider-Man“, che però rimarrà per sempre solo su carta (e nell’immaginario di molti fan).
Siamo nel 1993 e Cameron assieme a Stan Winston e Scott Ross fondano la “Digital Domain”, azienda specializzata nella produzione di effetti speciali che negli anni ha lavorato a titoli quali: “Apollo 13”, “Il Quinto Elemento“, “Armageddon“, “Deadpool“, “Suicide Squad“, “Avengers: Infinity War“, “Aquaman“, “Avengers: Endgame“, “Terminator: Dark Fate“, oltre a gran parte di quelli prodotti dalla “Lightstorm Entertainment”. Ma James Cameron non è uno che sa stare per molto tempo nelle retrovie e quindi nel 1994 unendo nuovamente le forze con Arnold Schwarzenegger, si mette al lavoro sul remake di una commedia francese: “La Totale!“. La storia segue le gesta di un agente segreto che nasconde la natura della sua vera professione alla sua famiglia. Questo enorme palco di menzogne salterà quando dei terroristi rapiranno sua moglie e metteranno a rischio la sicurezza della figlia.
A fare da spalla a Schwarzenegger in questa commedia ricca d’azione ribattezzata “True Lies”, troviamo Jamie Lee Curtis e Tom Arnold. Il film prodotto assieme alla 20th Century Fox viene a costare 100 milioni di dollari e quando inizia la sua marcia al botteghino, il 15 Luglio 1994, si piazza subito ai primi posti delle classifiche, finendo la sua corsa con un incasso globale di 378 milioni di dollari, divenendo il terzo maggior incasso di quell’anno. Nonostante incassi meno della pellicola precedente “True Lies” si conquista più di qualche premio, tra cui il Golden Globe a Jamie Lee Curtis come “Miglior attrice in un film commedia o musical”.
Cambiare la storia del cinema con una “semplice” storia d’amore
Robert Ballard, amico mio.
Il signor Robert Ballard è un ufficiale della marina americano classe 1942 ed è praticamente la versione acquatica di “Indiana Jones”. Ballard infatti è un archeologo marino, il cui lavoro lo ha portato a scoprire un sacco di reliquie sul fondo degli oceani tra cui il relitto della Bismark nel 1989. La scoperta su cui però poniamo la nostra attenzione è quella che il nostro archeologo fece il primo di Settembre del1985, ossia il ritrovamento della nave da crociera RMS Titanic sul fondo dell’oceano.
James Cameron rimase subito affascinato da questa notizia, ma a quei tempi aveva il suo bel da fare, tra matrimoni da aprire e chiudere e la realizzazione turbolenta di “Aliens”, per cui passeranno dieci anni prima che concentri nuovamente la sua attenzione sul lavoro di Ballard. 1995 Cameron è reduce del successo internazionale di “True Lies”, ma anche di “Strange Days” diretto dall’ex moglie Kathryn Bigelow. Armato di pazienza e una buona dose di follia scrive un soggetto che mischia un dramma romantico in stile “Romeo e Giulietta”, ai fatti che hanno portato al tragico affondamento della nave da crociera.
Sottoposto agli alti papaveri della 20th Century Fox, questi non credono molto nel progetto, ma vista la fiducia e la collaborazione di lungo tempo con il regista decidono di dare il via al progetto. Le riprese di “Titanic” iniziano nel Luglio del 1996 e prevedevano 138 giorni di lavoro, divenuti 160 per vari problemi avuti sul set, causati dal freddo e della difficoltà, tanto per cambiare, incontrate nel girare sequenze con l’intera troupe immersa nell’acqua. La meticolosità di Cameron anche questa volta ebbe un peso non indifferente durante la produzione, al punto che il budget lievitò in una misura tale da obbligare lo studios a cercare ulteriori finanziamenti, trovati in casa “Paramount Pictures”.
A riprese ultimate anche la post produzione non fu semplice, come nel precedente “The Abyss”, anche qui la realizzazione degli effetti visivi richiese una mole di lavoro fuori dal comune al punto che la Fox fu costretta a spostare la data d’uscita. Ma a preoccupare maggiormente lo studio era la durata della pellicola che sforava le tre ore. Con un budget giunto a 200 milioni di dollari e un braccio di ferro con Cameron, erano tutti molto in ansia per via del fatto che una tale lunghezza significava un numero di proiezioni giornaliere minore, con quindi un rientro delle spese molto più dilatato.
Leggenda vuole che fu chiesto a Jimbo di accorciare il tutto e lui rispose: “Volete tagliare il mio film? Dovrete licenziarmi! Volete licenziarmi? Dovrete uccidermi!”. Ecco questo descrive il clima che si respirava nel dietro le quinte. Archiviata la possibilità di trovare una mediazione tra lo studio e il regista “Titanic” inizia la sua presunta corsa verso il fallimento, almeno questo è quello che credono tutti, Cameron compreso. Si perché quando inizi ad accumulare ritardi e sforamenti di budget, qualche dubbio sulla riuscita del tuo progetto, della tua visione d’insieme, inizi a portelo.
Ormai però è troppo tardi e dopo aver mancato la prima data d’uscita fissata in Nord America dalla Paramount il 2 luglio 1997, “Titanic” viene presentato nel novembre dello stesso anno al Tokyo International Film Festival dove riceve una tiepida accoglienza. La premiere ufficiale però avviene il 14 dicembre del ’97 e mise subito a tacere tutte le dicerie riguardo al fatto che il film fosse un disastro o non all’altezza delle aspettative. Quello che avvenne dopo è entrato nella storia della settima arte e ci rimarrà per sempre. “Titanic” di James Cameron è stato per più di una decade il film con il maggior incasso di sempre dall’alto dei suoi 2,195 miliardi di dollari incassati in tutto il mondo.
La pellicola ha lanciato le carriere di Leonardo DiCaprio e Kate Winslet, ha fatto conoscere la cantautrice Céline Dion anche nel territorio più sperduto del pianeta, raccolto 11 premi Oscar a fronte di 14 candidature. Ma oltre a questo “Titanic” ha riscritto il modo di concepire il blockbuster. Ha infuso negli studios una sicurezza diversa riguardo agli investimenti e ai gusti del pubblico, nonché dato il via anche all’invasione su grande schermo di film che ne ricalcavano le idee di base. “Titanic” è nato dall’arroganza di Cameron che ha rischiato di bruciare per sempre la sua carriera, oltre che a buona parte del budget, ma ha dimostrato che essere coerenti e con i piedi piantati a terra ripaga ogni sforzo.
Sottomarini e occhiali 3D
Dopo essersi autoproclamato “il re del mondo” durante gli Academy Awards, James Cameron può veramente realizzare qualunque cosa gli passi per l’anticamera del cervello. Il nostro ha dalla sua indubbie capacità tecniche, una cospicua disponibilità e gode di una fama fuori scala. “Titanic” non si rivelò la proverbiale gallina dalle uova d’oro, ma fu un vero e proprio miracolo per l’intera industria e per il suo autore. A questo punto però Cameron compie una scelta per molti incomprensibile, defilandosi dalle scene per dedicarsi alla produzione di qualche serie televisiva e alla realizzazione di alcuni documentari. Nel momento in cui avrebbe potuto realizzare finalmente due progetti che aveva nel cassetto da molto tempo, un misterioso film intitolato “Avatar” o l’adattamento del manga di Yukito Kishiro intitolato “Alita”, lui decide invece di dedicarsi alle immersioni subacquee e per l’appunto a dirigere alcuni documentari di cui uno utilizzando telecamere tridimensionali.
Sarà proprio durante la realizzazione di “Ghosts of the Abyss“, documentario dedicato al relitto del Titanic, che Cameron deciderà che il suo prossimo progetto sarà interamente girato in tre dimensioni. Serviranno dodici anni prima che il suo nuovo film arrivi nelle sale cinematografiche e in tutto questo lasso di tempo, oltre a fare “scorribande” marine con la sua flotta privata di sommergibili (si lui ha una flotta privata), il nostro sviluppa la tecnologia necessaria per realizzare la pellicola che ha in mente, di cui si conosce solamente il nome: “Avatar”.
Quando l’impossibile diventa realtà.
La costruzione di un sogno
Abbandonati i fondali oceanici Cameron inizia i lavori per il suo nuovo kolossal intitolato “Avatar”. Il soggetto del film era pronto nel 1994 e inizialmente l’idea era quella di realizzarlo contemporaneamente a “Titanic”, ma per il regista il problema non sarebbe stata la mole di lavoro, almeno a detta sua, ma la mancanza della tecnologia necessaria per realizzare la sua visione. Se “Titanic” possiamo dire rappresenta il non plus ultra del kolossal di stampo classico, fatto di enormi set, modellini, comparse e tutto quello che ci si aspetta da una simile produzione, “Avatar” rappresenta l’esatto opposto, ossia l’annullamento totale del set fisico con quello che ne consegue, per abbracciare completamente lo sconfinato spazio messo a disposizione dal digitale.
Il cambio è totale, anche perché la sfida è rendere tutto credibile e fotorealistico, sfruttando pure la terza dimensione tanto cara al regista dopo la realizzazione dei precedenti documentari sottomarini. Dal 1994 si passa al 2005/2006 anni in cui Cameron ha iniziato a sviluppare il mondo in cui ambientare la sua storia, creando un linguaggio apposito per i nativi del pianeta Pandora, come pure l’intero ecosistema assieme a designer, illustratori, definendo anche al tempo stesso parte del cast. Ma mentre il nostro canadese preferito sta lavorando per realizzare quello che ha in mente, lo studio che inizialmente voleva produrlo inizia a vacillare, stiamo parlando ancora una volta della 20th Century Fox, ed il motivo è semplice, il costo stimato per produrre “Avatar” è già enorme e memori degli sforamenti avuti con “Titanic” le gambe dei dirigenti iniziano a tremare.
Quando però la Disney si dimostrò interessata a finanziare il progetto, alla Fox si fecero forza e diedero a Cameron i 237 milioni di dollari (mica bruscolini) per realizzare la pellicola. Leggenda vuole che uno dei dirigenti disse al regista e al suo storico collaboratore Jon Landau la seguente frase: “Non so se siamo più pazzi per averti permesso di fare questo, o se sei più pazzo per aver pensato di poterlo fare”.
Aprile 2007 inizia la rivoluzione
Nell’Aprile del 2007 tra Los Angeles e Wellington James Cameron inizia le riprese di “Avatar”. Per farlo utilizza la tecnologia da lui stesso inventata assieme a Vince Pace chiamata 3-D Fusion Camera System. Si tratta di due videocamere digitali ad alta risoluzione affiancate che permettono di riprendere da due prospettive leggermente diverse, simulando la vista umana. Una volta combinate assieme le riprese restituiscono una sensazione di profondità impossibile da ottenere con i sistemi tradizionali di ripresa. Oltre a questa tecnologia, essendo “Avatar” un film in cui il 60% dello stesso è realizzato in digitale, oltre alle lunghe sessioni di motion capture a cui sono stati sottoposti gli interpreti, sul set sono state usate delle videocamere virtuali che permettevano di muoversi all’interno degli scenari in computer grafica, ma anche di visualizzare un’anteprima del prodotto finito.
Terminate le riprese inizia il tour de force legato alla post produzione, anche perché oltre al montaggio una delle cose più impegnative si rivelerà trasferire le performance degli attori in carne e ossa nelle loro controparti digitali. Se è vero che soprattutto nella parte iniziale gli interpreti interagiscono per lo più tra loro, la parte complicata è quando uomini e personaggi digitali si mescolano sullo schermo, visto che il tutto deve essere comunque credibile. A incaricarsi di questo enorme peso troviamo la Weta Digital di Peter Jackson, che allora grazie alla trilogia de “Il Signore degli Anelli”, era la compagnia che possedeva sia la struttura che le conoscenze necessarie per dare vita al progetto. Purtroppo l’enorme mole di lavoro costrinse la produzione ad affiancare anche la ILM di George Lucas per portare a termine la produzione.
Mentre tutti lavorano e Cameron decide di spostare il mese d’uscita da Maggio a Dicembre 2009, il marketing della 20th Century Fox inizia a lavorare assiduamente, mentre le sale di mezzo mondo iniziano ad attrezzarsi per la proiezione tridimensionale, vera e propria rivoluzione di visione promessa dal regista canadese. Quando esce nelle sale “Avatar” nonostante la sua durata sbaraglia ogni altro film in programmazione, la cosa più incredibile però sarà la tenuta del botteghino nelle settimane successive. Se i blockbuster di questo tipo sono soliti perdere almeno il 30% degli incassi, il film di Cameron arriva a lasciare per strada meno del 2%, trasformandosi in un vero e proprio evento come fu nel 1996 “Titanic”. Eppure le premesse erano ben diverse, molti critici prevedevano un sonoro flop per via del budget fuori misura e del costo maggiorato delle proiezioni tridimensionali, al contrario degli analisti del botteghino che stimavano incassi fuori scala.
“Avatar” alla sua uscita mette d’accordo sia la critica che il pubblico, portandosi a casa lodi anche da nomi altisonanti come Roger Ebert che ha definito il film “Straordinario, guardando Avatar, mi sono sentito più o meno come quando ho visto Star Wars nel 1977”. Nonostante a fine corsa riesca addirittura a battere gli incassi globali di “Titanic”, il kolossal fantascientifico non fa ugualmente incetta di premi e sarà ironico che proprio quell’anno a battere Cameron durante la notte degli Oscar ci penserà la sua ex moglie, Kathryn Bigelow, che con il suo “piccolo” film di guerra “The Hurt Locker” soffierà il premio come miglior film ad “Avatar” e anche quello come miglior regia che rimarrà storico in quanto dato per la prima volta a una donna.
Dopo il successo…un’altra pausa
Era logico che dopo “Avatar” Cameron si sarebbe preso un’ulteriore pausa dal mondo del cinema. Meno scontato il fatto che questa sia durata quasi dodici anni. In tutto questo lasso di tempo il regista canadese ha in realtà prodotto pellicole come “Alita – Angelo della battaglia” e “Terminator – Destino Oscuro”, titoli che non sono riusciti però a divenire dei veri e propri successi di pubblico. In questo arco di tempo si è dedicato alla realizzazione dei seguiti di “Avatar” e soprattutto, tanto per cambiare, alla creazione delle tecnologie per realizzarli.
Nel frattempo il cinema è cambiato, così come il pubblico. Le storie adesso sono sempre più seriali e interconnesse tra loro, i supereroi tratti dai fumetti sembrano essere le uniche produzioni capaci di attirare il pubblico in sala. I Marvel Studios con un racconto spalmato in 22 film per il grande schermo sono riusciti a battere gli incassi di “Avatar”, anche se farlo non è stato semplice. Oggi nel 2022 però Cameron è pronto per tornare in sala e come ogni volta l’attesa e la curiosità generata per il suo prossimo film è alta, visto che, quando c’è di mezzo lui, è come andare al cinema per la “la prima volta”.