Road House

Road House – Reloaded

Durante la visione di “Road House” di Doug Liman, ci si trova inevitabilmente a chiedersi se davvero fosse necessario un remake di questo genere. L’originale ha sicuramente il suo status di cult, ma questo rifacimento non sembra alzarsi molto sopra la mediocrità in cui si dibatte con gioiosa incoscienza. Se non fosse stato per Patrick Swayze, protagonista indimenticabile, probabilmente pochi ricorderebbero “Il duro del Road House“. Dopotutto, stiamo parlando di un film che cerca di costruire una mitologia attorno al mestiere di buttafuori, il che richiede una sospensione dell’incredulità piuttosto robusta.

Road House

Tuttavia, sembra che nel 2024 fosse in voga rispolverare certi classici e al posto del compianto divo troviamo Jake Gyllenhall, affiancato da un budget notevolmente più consistente, intenti a dar vita a questo rifacimento. Il risultato? Una pellicola nuovamente mediocre ma comunque divertente. In sostanza, questo remake, pur modificando parte della trama e la caratterizzazione dei personaggi, non tradisce l’originale al punto da collocarsi sullo stesso livello di qualità raggiunto nel 1989 (mediocre ma divertente, come già detto).

Road House

Forse Liman e Gyllenhall ambivano a qualcosa di diverso, eppure questo nuovo “Road House” si rivela piuttosto innocuo, sebbene abbia alcuni aspetti interessanti che lo rendono intrigante, pur senza giustificarne completamente l’esistenza. La trama vede la titolare di un road house alle prese con il boss della malavita locale, desideroso di ottenere il terreno su cui sorge il locale per costruirvi un resort di lusso. Per combatterlo, la donna assume un ex lottatore caduto in disgrazia: Elwood Dalton. Inizialmente restio alla violenza, Elwood si ritrova presto coinvolto in una lotta contro i criminali locali che vogliono a tutti i costi cacciarlo e prendere il controllo del locale.

Road House

Come il film del 1989, anche questo “Road House” si basa su una trama semplice, quasi elementare, totalmente lineare e prevedibile. Se all’epoca tutto ruotava attorno alla fisicità del protagonista, la versione di Liman cerca di dare una nuova dimensione allo scontro fisico, prendendo spunto da “John Wick”. Mescolando coreografie e effetti speciali, le scene d’azione in “Road House” acquisiscono una nuova tangibilità. Tuttavia, nonostante l’ingegnosità tecnica, l’effetto sullo schermo non è sempre impeccabile, con momenti in cui la plasticità delle immagini computerizzate emerge in modo evidente, compromettendo l’esperienza complessiva.

Road House

Liman, che con il primo “The Bourne Identity” ha portato una ventata di aria fresca all’estetica dell’azione sullo schermo, prova nuovamente a innovare con “Road House”, ma l’esito è solo parzialmente convincente. A salvare il film è l’interpretazione di Jake Gyllenhall, impegnato nel suo ruolo più “piatto” di sempre, grazie anche a una sceneggiatura con dialoghi a dir poco minimali. Tuttavia, il suo apporto è sufficiente a sostenere e rendere godibile la visione di “Road House”. Mentre Gyllenhall riesce a dare profondità al proprio personaggio, gli altri attori si trovano a interpretare ruoli spesso marginali e poco incisivi nella trama (basti pensare al capo della polizia).

Road House

In definitiva, nonostante la sua inutilità, “Road House” riesce comunque a divertire, lasciando aperta la porta a un possibile sequel e senza farci sentire di aver sprecato due ore della nostra vita. Se vogliamo guardare il lato positivo, vale sicuramente la pena dare una chance al film, anche solo per ammirare Gyllenhall nella sua forma migliore.

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CONCLUSIONI
Nonostante la sua inutilità, "Road House" riesce comunque a divertire, lasciando aperta la porta a un possibile sequel e senza farci sentire di aver sprecato due ore della nostra vita.
2.5
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