Ridley Scott – L’oscura strada della redenzione
Nato in Inghilterra nel 1937, Ridey Scott è uno tra i registi non americani riuscito ad influire pesantemente sulla cinematografia mondiale degli ultimi trent’anni. Ha studiato prima pittura al West “Hartlepool College of Art”, poi fotografia alla “Royal College of Art”, per iniziare la sua carriera come regista pubblicitario (uno dei suoi più famosi spot fu quello realizzato nel 1984 per il lancio dei computer Apple). Il suo esordio cinematografico datato 1977 avvenne con la trasposizione del romanzo di Joseph Conrad “I Duellanti”. Protagonisti due giovani attori quali Harvey Keitel e Keith Carradine, affiancati dei comprimari di gran lustro tra cui figura anche un piccolo cameo interpretato da Albert Finney. Inizio fulminante (premiato a Cannes come migliore opera prima) di una carriera che lo vide subito dopo creatore di due indiscussi capolavori cinematografici, quali “Alien” e “Blade Runner”. In entrambi i film il coraggio di sperimentare e contaminare i generi si rivelò una scelta ardita ma allo stesso tempo vincente. In “Alien” mescolò la fantascienza all’horror, ed allo stesso tempo scelse una figura femminile per vestire i panni dell’eroe protagonista; la pellicola si rivelò un incredibile successo e risulta ancora oggi refrattaria allo scorrere del tempo. Dopo “Alien” Scott trasformò in celluloide il racconto di Philip K.Dick “Ma gli androidi sognano pecore elettriche?” creando un’altra pellicola ibrida. Questa volta è il noir a fondersi con la fantascienza dando vita a “Blade Runner”. In questo suo terzo film Scott inscena una maestosa e cupa visione del futuro, ove un poliziotto (interpretato da Harrison Ford) deve uccidere dei replicanti (robot con sembianze umane) ritornati sulla terra in cerca di un modo per scampare alla “morte” (disattivazione) impostagli dal loro creatore. La pellicola non è solo un capolavoro visivo che ancora oggi riesce a stupire l’occhio, ma anche un’attenta riflessione sull’importanza della vita. Al Contrario di “Alien”, “Blade Runner” raggiungerà il vero e meritato successo solo a distanza di anni dalla sua uscita cinematografica, divenendo una vera e propria pellicola cult. Lasciandosi alle spalle la fantascienza il regista sposta la macchina da presa verso altri generi, dirigendo nel 1985 il fantasy “Legend” con protagonista un giovanissimo Tom Cruise, ed a seguire due anni dopo il quasi inosservato “Chi protegge il testimone”. Entrambi rivelatisi dei sonori flop, dovrà attendere il 1989 per riscattarsi dai due sonori fiaschi. Infatti grazie a “Black Rain” (poliziesco in salsa yakuza)interpretato da Michael Douglas, Scott ritroverà il consenso del pubblico nonché una rinnovata impronta estetico/visiva. All’inizio degli anni novanta però grazie a “Thelma e Louise” sembra rinato il sodalizio qualità/successo. Purtroppo però, questo film si rivelerà l’unico vero successo di una decade da dimenticare, dove Scott realizzerà pellicole dalla quasi anonima identità autoriale quali “Albatross”, “Soldato Jane” e “1942: la conquista del paradiso”. Nel 2000 però, accade l’inaspettato, quando ormai il termine “mestierante” gli fu additato dal grosso della critica, Scott dirige “Il Gladiatore”. Nel film pluripremiato agli oscar il regista riesce nuovamente a stupire per le innovazioni nella messa in scena, ma anche per una narrazione profonda non relegata al mero linguaggio visivo. Da questo film in poi sono seguiti continui successi. Nel 2001 dirige “Hannibal” (cupo seguito de “Il silenzio degli innocenti”), ed il bellico “Black Hawk Down” premiato con due premi oscar. Breve pausa ed arriva nel 2003 “Il gennio della truffa”, piccola commedia con Nicolas Cage, alla quale segue nel 2005 un’altro kolossal epico: “Le Crociate”. Il film (nelle sale uscito in una versione accorciata) è visivamente maestoso, forte di una fotografia nata dal sodalizio con John Mathieson, ed alcune tra le migliori sequenenze di battaglia mai viste, il film racconta la presa della città di Gerusalemme attraverso gli occhi e le gesta del fabbro Baliano. A questa “enorme” pellicola, il regista contrappone nuovamente un film piccolo e modesto, la commedia in salsa francese “Un’ottima annata”interpretata da Russel Crowe e una bellissima Marion Cotillard. Nonostante una filmografia dalla scostante qualità è interessante notare come ogni sua pellicola abbia comunque portato avanti dei temi comuni. Infatti i personaggi dei suoi film sono persone bisognose di ritagliarsi un proprio spazio, hanno tutti l’esigenza/necessità di compiere azioni che li valorizzino dimostrando al mondo ed a loro stessi l’importanza della propria esistenza. Dai replicanti di “Blade Runner” al crociato Baliano, passando attraverso Thelma e Louise e Massimo il gladiatore, tutte le pellicole del regista inglese hanno al centro uno o più personaggi in lotta per comprendere l’importanza delle loro vite, per far si che non vengano dimenticate da un mondo sempre più incurante dei suoi abitanti. Ed oggi a trent’anni da “I Duellanti” non possiamo che ammirare la sua voglia di re-inventarsi di film in film, rimanendo comunque se stesso.
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