Suicide Squad – Semplicemente brutto
Dopo Superman il mondo non è più lo stesso. L’agente Amanda Waller lavora per un’agenzia segreta del governo che cattura i metaumani, esseri viventi con poteri speciali in grado di mettere in pericolo il mondo intero. Proprio uno di questi chiamato l’incantatrice sfuggirà al controllo della Waller, iniziando a mettere in atto un piano per prendersi il domino della terra. L’unica speranza sembra essere la “Suicide Squad”, un gruppo di criminali dotati di poteri fuori dal comune che dovranno unire le forze per scongiurare il disastro. Pur con qualche problema di gestione il gruppo riuscirà a fare squadra e iniziare una lotta per la salvezza dell’umanità.
Suicide Squad è uno spettacolo scialbo che porta sullo schermo un incredibile dispendio di energie da parte di un cast tecnico sopra la media
“Suicide Squad” diretto da David Ayer e interpretato da un cast che vede in prima linea Will Smith nei panni di Deadshot e Margot Robbie in quelli di Harley Quinn, è un film non riuscito in quasi ogni sua parte. Diversi problemi produttivi, tra cui un rimontaggio totale senza la supervisione del regista, hanno lasciato un segno indelebile sul risultato finale. Quello che ci si trova a vedere è uno spettacolo scialbo che porta sullo schermo un incredibile dispendio di energie da parte di un cast tecnico decisamente sopra la media, capace di rendere accettabili persino alcuni momenti di una sceneggiatura che non funziona e un montaggio che non riesce a creare racconto.
“Suicide Squad” dimostra come serve avere una chiara e coerente visione d’insieme, quando si decide di raccontare la storia di un gruppo di personaggi contraddistinti ognuno da una propria e forte personalità. In passato ci sono stati esempi illustri di film basati su squadre borderline costrette ad affrontare qualcosa di molto più grande di loro. Basti pensare ai marine spaziali di “Aliens” o ai militari di “Predator”. In entrambi i film ci si ritrova personaggi a dir poco pittoreschi, descritti adeguatamente in base alla loro importanza, che riescono a compiere l’impresa per cui sono stati chiamati in causa.
Lo spettacolo è negato, il senso di déjà-vu raggiunge imbarazzanti vette, regalando un cinema in vistoso imbarazzo da qualunque lato si tenti di osservarlo.
Nelle due pellicole menzionate, molti di queste figure muoiono prima della fine, ma riescono comunque a ritagliarsi una propria identità. Questo è proprio quello che non accade in “Suicide Squad”. La necessità di non far uscire di scena nessuno dei protagonisti (e forse l’unico che esce di scena nemmeno ha avuto una sola battuta in tutta la pellicola), così come il tentativo di bilanciare la presenza scenica di ognuno di questi, fa cadere l’attenzione su tutto quello che li circonda e li iniziano i problemi del film. Infatti se i personaggi principali risultano appena abbozzati, i nemici lo sono in misura addirittura maggiore (o sarebbe mgelio dire che non esistono proprio).
Senza contare quei comprimari di lusso come il Joker di Jared Leto inutili sia ai fini della trama principale. A questo si aggiunge la scellerata scelta di montare in film in sequenze che durano dai cinque ai dieci minuti al massimo, che danno il colpo decisivo a una pellicola che avrebbe meritato un minutaggio maggiore e un ritmo che permettesse di andare a fondo almeno nei due personaggi principali. “Suicide Squad” invece si limita ad essere uno spot tv per gli short indossati da Margot Robbie e i buoni sentimenti di Will Smith. Lo spettacolo è negato, il senso di déjà-vu raggiunge imbarazzanti vette, regalando un cinema in vistoso imbarazzo da qualunque lato si tenti di osservarlo.