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Bad Boys

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11 Febbraio 2020 2
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“Bad Boys” il film esordio di Michael Bay al cinema è al tempo stesso la versione dei produttori Don Simpson e Jerry Bruckheimer del buddy movie poliziesco. La storia vede gli agenti Mike Lowrey Marcus Burnett, impiegati a recuperare un carico di droga rubato dal magazzino del distretto di polizia prima che questa venga immessa nuovamente in vendita. La corsa è contro il tempo e in gioco il futuro dell’intero dipartimento di polizia, ad aiutarli la testimone di un omicidio (Tea Leoni) compiuto dalla banda di rapinatori. I due produttori (loro i successi quali “Top Gun” o “Beverly Hills Cop”) affidano a un regista di spot televisivi questo poliziesco che vede come protagonisti due star televisive americane che nel 1995 erano in piena ascesa, ossia Will Smith e Martin Lawrence, il risultato è un thriller più di forma che non di sostanza dal ritmo serratissimo. In “Bad Boys” è palese come Michael Bay guardi più a Tony Scott (altro regista della scuderia Don & Jerry), che non a Walter Hill per quanto concerne la dinamica e la spazialità dell’azione. Il film risulta sbilanciato in più punti per colpa di una sceneggiatura che non sa ben amalgamare la comicità con l’azione, ma questo non impedisce a “Bad Boys” di ritagliarsi comunque il proprio spazio nel genere e il merito sta nelle patinatissime sequenze imbastite dal regista americano.

Bad Boys cinefilo pigro poster
bad boys cinefilo pigro
bad boys cinefilo pigro

Certo nella pellicola non si trovano sequenze mirabolanti in stile Jhon Woo, paradossalmente un film come “Hard Boiled” del regista cinese uscito qualche anno prima sembra provenire dal futuro per qualità e inventiva dell’azione, se paragonato al film di Bay. Ma a rendere “Bad Boys” riuscito è la sua sfacciata ed eccessiva muscolarità dell’immagine (a patto di tollerarla). Michael Bay fa un uso spropositato e anche a sproposito di ogni cosa, sia che si tratti di montaggio, musiche o saturazione dell’immagine. Il regista è assolutamente conscio di avere una sceneggiatura che funziona relazionata all’alchimia tra gli attori, decide di infondere alle immagini la cosa che conosce maggiormente: l’estetica pubblicitaria. Quest’ultima frammentata da un montaggio che sfiora l’ipertrofia (non la raggiunge mai, almeno nei primi film del regista), fa si che tutto quello che “Bad Boys” passa sullo schermo sia “desiderabile”. Infatti la sequenza iniziale sembra uno spot della Porsche, quando i due corrono per le strade di Miami sembra di ammirare cartoline della città, la testimone (una Tea Leoni che così bella non si è più vista) che di lavoro è fotografa sembra in realtà una modella, la stazione di polizia che sembra una casa di moda e così via. Tutto bellissimo ed eccessivo insomma.

bad boys cinefilo pigro
bad boys cinefilo pigro
bad boys cinefilo pigro

Ogni sequenza in “Bad Boys” è visivamente accattivante e il film sembra costruito per venderti qualsiasi cosa appaia sullo schermo, anche il più trascurabile degli oggetti di scena. Se c’è una linea netta che separa l’action anni ’90 di Bay da tutti gli altri è proprio l’impronta estetica, la ricerca quasi compulsiva del “bello in ogni cosa”. Nel 1995 il thriller d’azione al cinema doveva ancora essere sostituito dagli eroi in calzamaglia, il regista americano al suo esordio dimostra una perizia tecnica non trascurabile nella costruzione di una immagine che preferisce la forma più di ogni altra cosa, cosa che ha reso il film un vero successo commerciale (la critica è sempre stata tiepida). “Bad Boys” si rifà quindi a pellicole come “48 Ore” o “Arma Letale”, ma maggiormente a quest’ultimo, solo che non avendo niente di veramente nuovo da apportare al genere, anche per via di una sceneggiatura che a volte oltre a essere banale riesce a mettere in bocca agli attori delle battute da pugni in faccia, gioca la carta della spettacolarità totale. Michael Bay collauda una formula che lui stesso poi con gli anni porterà dapprima alla perfezione, per poi demolirla, ricostruirla, ma con esiti altalenanti. Sta di fatto che piaccia o meno, dopo “Bad Boys” molti registi si sono inseriti nella scia di questo film, senza però replicarne mai il giusto equilibrio elementale che portò tanta fortuna a questa produzione, che nel 1995 fu il più grande incasso della Columbia Pictures anche a fronte di un budget assolutamente contenuto, 19 milioni di dollari. A 25 anni “Bad Boys” è ancora divertente e, nonostante il tempo evidenzi maggiormente alcuni suoi difetti, alla fine del film si continua a cantare contenti la canzone degli Inner Circle come i due protagonisti, quindi possiamo considerare la missione di creare un buddy movie al testosterone riuscita.

Tags azione, Bad Boys, Columbia Pictures, Cult, Don Simpson, film, home video, Jerry Bruckheimer, Michael Bay, poliziesco, recensione, thriller, visioni, Will Smith

2 Comments

  • Cassidy

    11 Febbraio 2020 - 14:10

    Dobbiamo smetterla di essere così allineati, ho un post così in rampa di lancio dalle mie parti (storia vera). Come aggiornare il modello, di “Beverly Hill Cop” contaminandolo con un tocco di “Arma Letale”, un film niente male che funziona ancora, ma il finale resta la parte migliore, già allora si intravedeva tutto il Michael Bay che sarebbe arrivato in futuro. Il pezzo degli Inner Circle poi è una meraviglia! Cheers

    Reply to comment
    • cinefilopigro

      12 Febbraio 2020 - 07:04

      Il finale è effettivamente una bomba. Tra l’altro negli extra del DVD c’è pure una succosa chicca legata al finale e le divergenze tra produttori e regista. Attendo il post sulla bara adesso.

      Reply to comment

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