Napoleon: Passione e Potere
Con “Napoleon”, Ridley Scott ritorna a popolare lo schermo cinematografico con la sua epica narrativa, caratteristica distintiva di tutte le sue opere a sfondo storico. Tuttavia, questa volta la mescola a un racconto biografico incentrato sulla figura di Napoleone Bonaparte. Il film del regista inglese offre una veste visiva impeccabile e una ricostruzione degli eventi che talvolta sacrifica la coerenza storica in favore dell’epicità visiva. “Napoleon” conferma anche soprattutto l’agitazione che permea il suo cinema degli ultimi anni, perennemente alla ricerca di un capolavoro personale, unico, a discapito di una logica autoriale coerente.
“Napoleon” non esplora l’intera vita del condottiero francese; piuttosto, si focalizza su alcuni momenti specifici, che comprendono l’ascesa e il declino dello stesso, con uno sguardo più attento in particolare sul rapporto conflittuale che Napoleone aveva con la compagna Giuseppina. Questo rapporto, delineato con pesi invertiti, mostra un condottiero che, di fronte al pubblico, appare come un gigante nonostante la statura, ma che, nell’intimità, rivela tutte le insicurezze del proprio carattere mantenuto insieme dalla fermezza della compagna.
La sceneggiatura di David Scarpa (che con Scott ha realizzato “Tutti i soldi del mondo”) nel tratteggiare un personaggio così importante si prende delle libertà, mentre il regista, attraverso la figura di Napoleone interpretato da Joaquin Phoenix (ancora una volta in una interpretazione esemplare), costruisce un film biografico che si configura come la somma di tutto il suo cinema, collegandosi al folgorante esordio rappresentato da “I Duellanti” nel 1977. Questa pellicola sembra essere il punto di partenza scelto dal regista britannico per costruire il telaio visivo del suo ultimo film.
L’estetica è il primo elemento che colpisce nella pellicola, impreziosita dalla fotografia di Dariusz Wolski, che, in questa sua ottava collaborazione con Scott, esalta non solo la grandiosità delle battaglie, ma anche l’intimità a lume di candela tra Napoleone e Giuseppina (Vanessa Kirby). Pur nella sua eleganza e imponenza visiva che favoriscono lo spettacolo sopra ogni altro elemento che compone la pellicola, “Napoleon”, tenta attraverso il racconto di riflettere su come le azioni di Napoleone abbiano plasmato, nel bene e nel male, l’Europa “moderna”, rimodellata poi dai conflitti mondiali del XX secolo.
Tuttavia, nel film, Ridley Scott non riesce a trovare la quadratura ideale tra gli elementi dello script, limitandosi a scrutare la superficie del racconto senza immergere mai lo sguardo nel fango delle battaglie o nelle stanze in cui si svolgevano drammi privati e decisioni cruciali per il futuro della Francia. Il film sembra accontentarsi di essere un racconto più grande che importante, orientato maggiormente allo spettacolo che al contenuto. Questa scelta non è necessariamente un difetto, ma piuttosto una precisa decisione nel processo di realizzazione del film. Resta da vedere se, come accaduto con “Le Crociate”, una futura versione director’s cut trasformerà “Napoleon” nel biografico che al momento sembra suggerire di essere, ma che in realtà non è.