Intervista col vampiro

Intervista col Vampiro - Neil Jordan

Intervista col vampiro – La decadenza diventa spettacolo

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L’anno è il 1994 e se già la carriera del regista inglese Neil Jordan filava spedita verso il successo e, con “Intervista col vampiro”, la consacrazione a livello internazionale non è di certo mancata. Tratto dall’omonimo libro scritto da Anne Rice, il film forte di un budget di sessanta milioni di dollari riesce a incassarne il quadruplo divenendo uno dei maggiori successi di quella stagione. Il cast formato da Tom Cruise, Brad Pitt, Antonio Banderas e una giovanissima Kirsten Dunst, ha sicuramente contribuito al richiamo del pubblico, ma ciò non scalfisce la bontà di un crepuscolare dramma epico a tinte vampiresche. Si perché una cosa è certa, “Intervista col vampiro” avrà come protagonisti degli avvenenti mostri bramosi di sangue, ma più che interessarsi alla creatura mitologica, si sofferma a riflettere sul concetto d’immortalità e il peso che questa comporta.

La storia inizia in un’anonima stanza d’appartamento a San Francisco, un giornalista (Christian Slater) inizia a intervistare un uomo per scoprire la storia della sua vita. Quest’ultimo si chiama Louis (Brad Pitt) e afferma di essere un vampiro. L’intervistatore inizialmente riluttante a credere una cosa del genere, verrà convinto molto presto del contrario. Tutto ebbe inizio a New Orleans nel 1791, il ventiquattrenne Louis era un ricco proprietario terriero in preda a depressione dopo la morte della moglie e del figlio durante il parto. Una sera incontra un vampiro di nome Lestat (Tom Cruise), che gli pone due scelte, morire da uomo o rinascere come mostro godendo così di una lunga vita in eterna giovinezza. Louis deciderà di abbandonare la sua umanità per diventare un predatore della notte, ma questa scelta che all’inizio sembrava estremamente invitante si rivelerà molto presto un fardello difficile da portare. Assieme a Lestat inizieranno così a girare per l’America in cerca di umani da uccidere per sopravvivere, ma la visione opposta che i due hanno nei confronti della vita li mette spesso l’uno contro l’altro, fino a quando tra loro non arriverà la giovane Claudia (Kirsten Dunst) una ragazzina che ha perso i genitori a seguito della peste, che Louis pensa di aver ucciso, ma che in realtà Lestat trasformerà in vampiro per salvarle la vita. Claudia porta equilibrio tra i due vampiri, ma ben presto il tempo porterà il trio a separarsi e percorrere strade diverse.

Romantico, epico e crepuscolare “Intervista col Vampiro” è un’enorme epopea al cui centro riflette sul rapporto tra uomo e immortalità. Lestat, Luois, Claudia e gli altri personaggi che godono di questa lunga vita sono logorati dal rimpianto di quello che non possono più avere, dalle emozioni che non riusciranno mai più a percepire. Neil Jordan costruisce un clima decadente che imperversa per le due ore di durata, dove non sembra ci sia mai veramente nulla di buono nel vedere il mondo cambiare nei secoli. Essere immortali costringe anche a diventare osservatori relegati ai margini, costretti sempre e comunque a un ruolo di secondario anonimato per non rischiare di venire in qualche modo uccisi o essere sfruttati. Una innaturale lunga vita è quindi benedizione o condanna? Ne “Intervista col Vampiro” è sicuramente la seconda e la macchina da presa, muovendosi con estrema eleganza, sottolinea continuamente come nemmeno un vampiro può credere di essere inossidabile allo scorrere del tempo.

Come scritto all’inizio “Intervista col Vampiro” esce nel 1994 e si trasforma in successo planetario, ma anche in un cult che continua a durare nella mente (e forse anche nei cuori) degli appassionati del genere. Certamente ci sono detrattori pronti a screditare la pellicola del regista inglese a causa di come questa metta in scena il vampiro, scardinandone la malvagità (anche se Lestat è tutt’altro che buono e gentile), la mostruosità, soffermandosi sulla tragedia dell’animo, sulle sofferenze dovute alla privazione della propria umanità. Ma le ragioni per cui “Intervista col Vampiro” sia divenuto un cult sono molteplici. La prima è sicuramente il suo essere tratto da un romanzo che di fatto a rivisto la figura del canonica del mostro. La seconda va ricercata nella sua messa in scena. Neil Jordan sfrutta ogni centesimo del suo budget e ricostruisce scenari materici ed evocativi su cui far muovere i personaggi.

Mentre la terza ragione che lo rende un cult è il classico “elefante nella stanza”, in questo caso rappresentato dal cast. Se è pur vero che con il tempo il pubblico si è abituato a vedere anche volti noti impegnati nei film di genere, non era una consuetudine nel 1994. Pensare ad un film horror con protagonisti Tom Cruise, allora in cerca di ruoli che potessero dimostrarne bravura e versatilità, Brad Pitt in vertiginosa ascesa e Antonio Banderas che a quei tempi saltava dalle produzioni spagnole a quelle americane, non è cosa così scontata. Che sia un horror dalla forte connotazione drammatica o che sia un racconto epico una cosa è certa, in “Intervista col Vampiro” non è “il mostro” la centralità del racconto, ma la mostruosità che la certezza di non poter morire porta con se (ne è un esempio la parte ambientata in Europa). Il tempo diventa unità di misura fondamentale del racconto e dell’approccio allo stesso. Neil Jordan senza nemmeno immaginarlo a priori nel 1994 metteva la firma su quello che per intere generazioni di spettatori diverrà il manifesto del cineasta. Questo nel bene e nel male.

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Romantico, epico e crepuscolare “Intervista col Vampiro” è un’enorme epopea al cui centro riflette sul rapporto tra uomo e immortalità.
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