Annabelle 3

Annabelle 3 – Più che spaventare diverte

Il titolo originale è “Annabelle comes home”, ma sinceramente dopo aver visto questo terzo capitolo, forse era meglio se la bambola che da il nome al film se ne restava in giro ancora un po’. Al terzo giro di boa, il pupazzo dalle fattezze femminili divenuto famoso grazie alla comparsata nel primo “The Conjuring”, mostra tutti i limiti di un cinema di genere moderno, incapace di scollarsi la patina commerciale per spaventare davvero. Schiacciato dal suo bisogno di non tradire i fan di vecchia data e portare nelle sale più pubblico possibile, il film diretto da Gary Duberman finisce per deludere sotto ogni aspetto.

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La storia si allaccia al primo “The Conjuring” e vediamo praticamente cosa accade alla bambola dal momento in cui i coniugi Warren la portano a casa. La coppia di demonologhi dopo aver rinchiuso questa a chiave in una teca, sono costretti a lasciare la figlia assieme alla babysitter Mary Ellen. Istruite a dovere sul fatto di non entrare mai nella stanza in cui è contenuta Annabelle e altri oggetti dai poteri oscuri, sarà l’amica di Mary, Daniela, che entrerà nella stanza nel tentativo di invocare lo spirito del padre. A darle un segno della presenza sarà proprio la bambola, a quel punto Daniela la tirerà fuori dalla teca e questo si rivelerà un errore fatale.

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Al contrario del secondo capitolo diretto da David F. Sandberg, questo “Annabelle 3” compie diversi passi indietro, soprattutto a livello registico, ricordando a tutti che anche le buone idee possano deragliare nelle mani sbagliate. Dietro la macchina da presa lo sceneggiatore Gary Dauberman, a cui dobbiamo praticamente la creazione di tutto l’universo cinematografico che gravita attorno al filone principale con protagonisti i coniugi Warren, ma anche la trasposizione cinematografica del romanzo di Stephen King “IT”. Il regista americano eredita l’estetica che James Wan ha creato e ben gestito nei primi due “The Conjuring”, ma non riesce mai a dare una propria impronta al racconto o a creare momenti di vera tensione.

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Gli unici spaventi che “Annabelle 3” riesce a smuovere sono direttamente proporzionati al volume con cui lo si guarda (e nell’horror americano questa è ormai una prassi), perché a parte gli effetti sonori improvvisi che potrebbero terrorizzare qualcuno, la pellicola non riesce proprio a creare una qualsivoglia atmosfera. Ma se gli spaventi latitano, l’imbarazzo in alcuni momenti arriva prepotente, al punto che viene quasi spontaneo chiedersi se quello che viene messo in scena è qualcosa fuori dal controllo regista (la scena del pollaio ad esempio), o una precisa scelta per ironizzare il tutto. Ma questo dubbio difficilmente verrà dipanato anche con successive visioni, sempre che qualcuno abbia il coraggio di spendere nuovamente due ore su “Annabelle 3”.

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