The Conjuring 2 – Un gradito ritorno
Il cinema horror trova in James Wan il suo autore contemporaneo più illustre, capace di portare nuovamente lo spavento dentro allo schermo cinematografico, ormai quasi completamente invaso da pellicole tra loro similari rivolte ad un pubblico che esige brividi controllati da precisi innalzamenti di volume, senza dimenticare di racchiuderli in un impianto estetico patinato al punto giusto (si pensi alle pellicole della “Platinum Dunes”).
Il regista malese armato di buone idee più che di mezzi, ha dato nuova vita alla genuinità del terrore, valorizzando quello che negli anni passati ne decretava da sempre la riuscita, ossia l’inventiva e l’artigianalità. Partendo da “Saw”, passando da “Insidious” per arrivare al primo “The Conjuring”, Wan non solo ha dimostrato una crescente abilità nella gestione della suspense, ma anche una precisa identità autoriale che rende distinguibile immediatamente il suo modo di trattare il genere.
“The Conjuring 2 – Il caso Enfield” è sia il seguito di quella perla dell’orrore che fu il primo capitolo, ma anche la summa di tutto quello che il cinema del regista ha proposto nell’ultima decade, in una versione “potenziata” grazie sia all’esperienza maturata dallo stesso, ma anche da un innalzamento del valore produttivo. Questo seguito vede nuovamente i coniugi Warren (Patrick Wilson e Vera Farmiga) alle prese con poltergeist e possessioni demoniache, che in questa occasione abbandonano il suolo USA e atterrano in quel Londra per aiutare la famiglia Hodgson.
Come nel primo capitolo ancora una volta al centro della vicenda troviamo un nucleo familiare e una casa infestata, ma in questo secondo capitolo grazie anche ad una durata generosa in termini di minutaggio la pellicola restituisce una costante tensione gestita accelerando o rallentando la narrazione a seconda della situazione e anche per mezzo di alcune genialità visive (esemplare in questo caso l’intervista alla ragazzina sfocata in secondo piano).
Oltre a far si che non ci sia mai un vero e proprio momento rilassante per la quasi totalità della durata, Wan si concede anche il tempo di innescare una riflessione sul dramma che queste persone stanno vivendo. In questo seguito i componenti della famiglia Enfield non sono più semplicemente dei “pupazzi” da spaventare o da far urlare al momento giusto, ma delle vere figure tridimensionali ognuna delle quali, si rapporta a proprio modo rispetto agli eventi e anche agli altri famigliari.
La pellicola inscena anche l’espansione dell’immaginario visivo classico del regista grazie all’uso di computer grafica in più sequenze, ma questa seppur in grado di spettacolarizzare il tutto risulta l’unica nota stonata di una incredibile melodia dell’orrore. “The Conjuring 2 – Il caso Enfield” spaventa in modo genuino e questo dovrebbe già essere sufficiente, ma è anche uno tra i migliori spettacoli dell’orrore di sempre ed in un genere che spesso fatica a ritagliarsi il proprio spazio questo è di per se un autentico miracolo.