Shazam!

Shazam! – Troppo calcolato

Il giovane Billy Batson (Asher Angel) da quando fu abbandonato dalla madre in un luna park non ha mai smesso di cercarla. Passando da una famiglia affidataria a un’altra finirà in quella dei Vasquez. Nonostante i tentativi dei nuovi genitori di integrarlo, tra loro e Billy non cade la barriera del distacco. Un giorno mentre il fratello adottivo viene bullizzato a scuola, qualcosa scatterà in lui e lo aiuterà attirando le attenzioni degli aggressori ma anche del mago Shazam, che trasportandolo in un’altra dimensione gli cederà i propri poteri magici. La vita di Billy e della sua famiglia cambierà completamente quando il cattivo dottor Sivana (Mark Strong) si metterà sulle sue tracce per prendergli i poteri.

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Primo adattamento cinematografico del personaggio edito da DC Comics (anche se la paternità è abbastanza travagliata e meriterebbe un approfondimento specifico), per mano di David F. Sandberg, regista a cui si devono pellicole di genere horror, che qui si trova a gestire per la prima volta un film ad alto budget e ricco di effetti speciali. “Shazam!” rispetto agli altri film di supereroi è chiaramente pensato per essere un racconto indirizzato a famiglie o comunque ragazzi molto giovani. Questa scelta ovviamente determina i toni della pellicola, che seppur capace di divertire non riesce veramente mai a coinvolgere pienamente.

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“Shazam!” è un film diretto senza sbavature, scritto misurando bene toni ironici e sequenze drammatiche, forte di un interprete veramente aderente al ruolo che deve ricoprire (e qui Zachary Levi da veramente il giusto spessore a questo ragazzino dentro il corpo di un uomo), una colonna sonora adeguata, ma la somma di tutto questo non porta a un risultato veramente indimenticabile. Se il cinema ha un corpo, quello di “Shazam!” si rivela essere invece un involucro troppo vuoto per appassionare, incapace di una qualsiasi consistenza, inadeguato a far scattare un cortocircuito tra lo sguardo e il racconto.

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Quindi quello che resta sullo schermo è divertimento istantaneo subordinato alla sequenza che si pone davanti agli occhi, con questa evoluzione della storia per blocchi narrativi precisi e collocati esattamente dove devono essere. Il lavoro di Sandberg gira nei dintorni del compito ben eseguito, con la completa mancanza di rischio e questo nel film si ripercuote sulla godibilità dello stesso. Molte idee sembrano inserite solamente per strizzare l’occhio a qualche fan o in previsione di un scontato seguito (anche in questo caso il finale rimane aperto), lasciando un retrogusto amaro. “Shazam!” è il classico titolo che proprio quando finisce si fa maggiormente interessante, ma a questo punto vale la pena chiedersi se aveva senso sacrificare tante potenzialità sull’altare della serialità.

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Se il cinema ha un corpo, quello di “Shazam!” si rivela essere un involucro troppo vuoto per appassionare
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