The Northman

The Northman – Eggers tra mito e videogioco

Una cosa è certa, seppur “The Northman” non raggiunga le vette del precedente “The Lighthouse“, il terzo film scritto e diretto da Robert Eggers non fa che confermare le doti di questo giovane regista americano. Abbandonato l’orrore dei titoli precedenti per abbracciare un più “convenzionale” racconto di vendetta, la pellicola ci trasporta nel clima gelido dei mari del nord per narrare la storia di Amleth (Alexander Skarsgård), giovane principe vichingo che vede uccidere il proprio padre per mano dello zio.

Ti vendicherò, padre. Ti salverò, madre. Ti ucciderò, Fjolnir.

Cresciuto come un barbaro, il giovane ragazzo, ormai uomo, si finge schiavo per entrare nel regno dello zio così da poter vendicare il padre e liberare la madre. Ad aiutarlo nella sua impresa ci sarà la giovane strega della foresta Olga (Anya Taylor-Joy), della quale si innamorerà. Il sanguinario esito delle azioni di Amleth farà affiorare verità nascoste che cambieranno la sua vita e quella di chi lo circonda.

Tecnicamente lucidissimo “The Northman” stupisce prima di tutto, per la cura riposta nella sua realizzazione. La macchina da presa di Robert Eggers non ha paura di assumersi i rischi necessari quando si tratta di mettere in scena la violenza, come pure sa quando divenire incredibilmente leggera nel dispiegare davanti allo sguardo scenari naturali di maestosa bellezza. Nonostante il racconto sfrutti l’inflazionata ambientazione norrena, non si adagia sull’estetica consolidata dalle produzioni che lo anno preceduto, sia esse cinematografiche, che televisive. D’altronde già nei lavori precedenti del cineasta, era chiaro come questo difficilmente ricerchi in fascinazioni altrui ispirazione per la creazione della propria, ma soprattutto riconferma il suo non voler scendere a patti con l’immaginario popolare della platea di spettatori.

Creatore e narratore unico delle sue opere, queste vanno accettate nel modo in cui è stato deciso di concepirle. Ed è qui che emerge il punto più debole di questo “The Northman”, perché per la prima volta sconfessa quanto scritto sopra e cerca di essere narrativamente accomodante con il pubblico, finendo per caricare sul racconto parti che lo rallentano, che poco aggiungono e molto giustificano. Il pensiero va a quei momenti in cui il film calca la mano nel fantasy, da un lato per creare atmosfera, dall’altro però cercano di rendere più fruibile lo scorrere degli eventi, evitando di creare frustrazione in un pubblico che non è più abituato a comprendere la storia attraverso le sole immagini.

Questa scelta, quasi sicuramente dettata da esigenze produttive e di budget, si rivela uno sfregio su una pellicola che poteva rivelarsi il racconto epico definitivo di cui aveva bisogno il cinema americano, incapace di credere nei suoi autori più giovani. La parabola del principe Amleth è un crescendo violento, messo in scena con una lucidità che conferma nuovamente le abilità di Eggers, ma che scivola nella ricerca di epicità legata alla mitologia norrena, che di fatto mal si sposa con il realismo del quadro. “The Northman” non è il capolavoro che poteva essere, cerca di avvicinarcisi senza grosse speranze, ma si conferma un’ottima avventura da vivere sul grande schermo, con la mente attenta e lo sguardo vigile.

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"The Northman" di Robert Eggers è uno spettacolo dalla potenza visiva unica in un panorama cinematografico, quello statunitense, che sta morendo per asfissia da computer grafica.
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