Con “La notte del giudizio per sempre” la saga dedicata allo sfogo annuale degli Stati Uniti d’America ideata da James DeMonaco giunge al quinto episodio dopo otto anni dal capostipite. Come nel precedente capitolo DeMonaco si occupa di scrivere soggetto e sceneggiatura, ma passa il testimone per quel che riguarda la messa in scena, affidata questa volta al regista dalla ricca carriera televisiva Everardo Gout. Come avvenne ne “La prima notte del giudizio”, anche in questa nuova pellicola il passaggio di testimone dietro la macchina da presa finisce per depotenziare l’intera produzione, relegandola a un b-movie “sempliciotto” con poca personalità e dalle potenzialità sprecate.
Sicuramente è fisiologico che una saga inizi a presentare segni di cedimento con il passare del tempo, un po’ perché spesso le idee latitano, un po’ perché in mancanza di un radicale cambio d’impostazione narrativa la riproposizione reiterata della stessa non crea più interesse. Quello che risulta anomalo in questa saga e che con “La notte del giudizio per sempre” è sotto gli occhi di tutti è che le idee alla base non mancano, anzi soprattutto in questo quinto capitolo sono anche estremamente interessanti. A non funzionare è quindi nuovamente la messa in scena, che come ne “La prima notte del giudizio” relega in secondo piano il contenuto a favore dello spettacolo e dell’azione.
“La notte del giudizio per sempre” mostra un’America che dopo anni in cui lo sfogo è stato abolito, decide di rimettere al governo il partito de “I nuovi padri fondatori” e questi come prima azione politica reintroducono per l’appunto lo sfogo. Ne frattempo si è formato un movimento popolare chiamato “Notte del giudizio per sempre”, che non solo vuole poter praticare nuovamente lo sfogo, ma desidera che una volta partito questo non si fermi più alla singola notte annuale. L’America si ritrova presto verso il collasso sociale e l’unica speranza per quei cittadini contrari allo sfogo e migrare in Messico o in Canada.
“La notte del giudizio per sempre” conferma l’abilità di rinnovare ed espandere l’idea di base della saga ad opera di James DeMonaco, ma al medesimo tempo non smentisce il fatto che quando dietro alla macchina da presa non troviamo quest’ultimo, tutta la carica sovversiva del soggetto si trasforma in un pretesto per concatenare sequenze d’azione. Come scritto questo già era accaduto nel precedente “La prima notte del giudizio” diretto da Gerard McMurray, ma diviene ancora più estremizzato in questa quinta pellicola dalla regia di Everardo Gout.
Quest’ultimo non è assolutamente a proprio agio con la parte socio/politica propria del racconto, quindi decide di portare sullo schermo un thriller fin troppo classico nel suo dipanarsi di fronte allo sguardo e privo di quella maestria tecnica necessaria per infondere alle sequenze d’azione la giusta personalità. “La Notte del giudizio per sempre” si rivela uno spettacolo inutile e stanco, realizzato comunque con un buon mestiere, ma che spreca una sceneggiatura dal ricco potenziale sull’altare di una spettacolarità che non riesce mai a raggiungere.