Diabolik

Diabolik – Manetti Bros

Diabolik – Inizio incoraggiante

“Diabolik” dei Manetti Bros, come il recente “Freaks Out” di Gabriele Mainetti, riprendono entrambi una necessità produttiva e identitaria del cinema italiano d’intrattenimento iniziata dallo stesso Mainetti con il suo “Lo Chiamavano Jeeg Robot”. Ma mentre la pellicola del 2015 fu per tutti una sorpresa, al punto da soprassedere sui difetti, alcuni lampanti altri meno, il film dei fratelli romani basato sugli albi delle sorelle Giussani, deve per forza puntare sulla concretezza. “Diabolik” conferma che l’immobilismo del cinema di genere italiano in cui questo è caduto negli anni novanta, era dovuto più alla mancanza di maestranze capaci e produttori coraggiosi, che alle idee e fonti di disperazioni.

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Il film dei registi romani, seppur fin troppo attento a evitare sbavature ed eccessi, propone una visione lucida su luoghi e personaggi, capace d’immergere lo sguardo negli anni sessanta alternativi in cui si muovono il protagonista Diabolik, la femme fatale Eva Kant e l’ispettore Ginko. Tutto inizia a notte fonda nella città di Clerville, dove lo spietato e famosissimo ladro Diabolik sfugge ad un inseguimento con la polizia dopo l’ennesima rapina messa a segno. Ma quale sarà il prossimo bersaglio a cui sta puntando il criminale? Lo sa bene l’ispettore Ginko: il diamante rosa. Questa perla dall’inestimabile valore è in possesso dell’avvenente Eva Kant, la quale verrà messa in guardia dal poliziotto, invece di preoccuparsi del pericolo, decide di abbracciarlo affascinata dall’oscura figura del ladro. Inizierà così un gioco delle parti, in cui il tempo sarà decisivo e determinerà la vita o la morte di Diabolik e di chi gli sta accanto.

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Prima di un film sulle gesta di un ladro, o sullo scontro tra bene e male, “Diabolik” dei Manetti Bros è il racconto un’attrazione irrefrenabile nata da un incontro improbabile, quello tra la bellissima Eva Kant interpretata da Miriam Leone e il ladro dal volto coperto ma dal magnetico sguardo di Luca Marinelli. Tutto il resto in “Diabolik” è semplice contorno che serve per travestire in noir poliziesco un melò estremamente classico e lineare. Se la pellicola parte dallo scontro tra ladro e polizia, trova il suo centro narrativo nella costruzione di un rapporto di coppia impossibile, in cui ogni cosa non è bicolore ma che anzi si basa su un’infinità di possibili sfumature. Ogni linea della sceneggiatura portata sullo schermo dai registi romani, riporta sempre a Eva Kant, al punto che quando tra i due antagonisti, Diabolik e Ginko (Valerio Mastrandrea), arriverà la resa dei conti, sarà nuovamente la donna a ribaltare gli equilibri tra i due.

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Deliziosamente vintage nei toni e nella ricostruzione scenografica, “Diabolik” riesce ad intrattenere muovendo sullo schermo uno spettacolo lineare, fin troppo, che finisce in più punti per rimanere schiacciato tra esigenze narrative e di messa in scena. Lo scotto lo si ritrova in alcuni vistosi cali di ritmo che in alcuni punti allentano fin troppo la tensione, al punto da risultare fin troppo didascalico. Era lecito aspettarsi qualcosa di maggiormente rischioso in certi momenti, ma è anche difficile nascondere lo stupore di fronte ad un adattamento tanto curato e rispettoso del materiale di partenza, ma al tempo stesso moderno nel tratteggio dei caratteri dei protagonisti, Eva Kant su tutti. “Diabolik” nonostante il peso di una spettacolarità che non esplode mai veramente, si rivela una trasposizione più che dignitosa di un fumetto di culto, che compie delle scelte, soprattutto visive, che nel bene e nel male convinceranno gli amanti del personaggio cartaceo e faranno sicuramente storcere il naso a chi si approccia per la prima volta a questo mondo.

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In breve
Il film dei registi romani, seppur fin troppo attento a evitare sbavature ed eccessi, propone una visione lucida su luoghi e personaggi, capace d’immergere lo sguardo negli anni sessanta alternativi in cui si muovono il protagonista Diabolik, la femme fatale Eva Kant e l’ispettore Ginko.
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