Strade di fuoco – Walter Hill e la musica
Esistono pellicole che nel voler contenere i desideri del proprio creatore, finiscono spesso per essere sbilanciate su più fronti. “Strade di fuoco” è l’esempio da manuale di quanto accade quando l’amore dell’autore, supera il buon senso dello stesso. “Strade di fuoco” è un film seminale per comprendere tutta l’estetica che lo ha succeduto e che ha spopolato negli anni novanta. Ma più semplicemente potremmo riassumere tutto dicendo: è un film di Walter Hill.
A Rock & Roll Fable
Durante un concerto per beneficenza, la cantante Ellen Aim (Diane Lane) viene rapita da una gang di motociclisti, capitanata da Raven (Willem Dafoe), sotto gli occhi di tutti. Per salvarla viene chiamato il suo ex ragazzo Tom Cody (Michael Paré), che assoldato dal fidanzato/manager della rockstar, andrà a riprendere la ragazza proprio nel covo dei motociclisti. Messa in salvo, Cody sarà costretto a vedersela con Raven, in uno scontro che cambierà nuovamente le vite di tutti quanti.
Another time, another place
“Strade di fuoco” eredita il titolo originale che Walter Hill voleva per “I guerrieri della notte”, ed è allo stesso tempo un film musicale, d’azione, un western metropolitano, che getta le basi su cui sono fondate le geometrie e i ritmi di un fumettone cinematografico. Come dicevamo all’inizio “Strade di fuoco” risulta oggi più di ieri, una pellicola importantissima che fa da spartiacque con tutto il cinema che è venuto dopo. Da Tony Scott a Adrian Lyne, tutti hanno attinto dal film di Hill atmosfere, luci, tempi narrativi che poi hanno riversato nelle loro opere di inizio anni novanta e non solo.
“Strade di fuoco” è stato un cocente flop al botteghino, la classica doccia fredda venuta dopo i successi de “I guerrieri della notte”, “I guerrieri della palude silenziosa”, ma soprattutto “48 ore”. I motivi sono abbastanza semplici e sono tutti, riconducibili alle scelte che Hill fece forte della quasi totale carta bianca lasciatagli dai produttori. Ma se dal lato tecnico il film sfoggia un utilizzo di montaggio e fotografia tutt’altro che criticabile, le note dolenti arrivano dalla scrittura.
Impossibile dimenticarlo, ancor meno non amarlo.
“Strade di fuoco” è vittima di un racconto che fatica a raccordare alcune svolte narrative, mettendo quelle principali e le secondarie praticamente sullo stesso piano. Ed infatti in questo carosello di musica e azione, alcuni momenti sembrano se non girare a vuoto, quantomeno ridondanti. Un vero e proprio spiacevole scivolone, soprattutto sapendo che a curare la storia troviamo Hill, che come al solito costruisce ottimamente il contesto e i personaggi, donando a entrambi una coerenza invidiabile. Altro grande neo sono alcune delle musiche scelte per scandire il tono degli eventi.
L’imposizione maggiore della produzione fu quella di utilizzare brani musicali scritti per il film con un piglio commerciale, così da incassare anche con la vendita della colonna sonora. Inutile negare che certi pezzi mal si sposano all’accompagnamento, come al solito splendido, di Ry Cooder, che con “Strade di fuoco” continua un sodalizio lavorativo tutt’altro che irrilevante con Walter Hill. Ciononostante tutti i brani del film sono trascinanti come pochi altri.
Il risultato è una palese dissonanza in alcuni frangenti del film, tra immagini e suoni, ma a parte questi due difetti, cosa rimane veramente di buono e riuscito nella pellicola. La risposta è semplice: praticamente tutto. Il regista scrive e dirige il film del cuore, magari non il suo film della vita, ma sicuramente quello che desiderava e nel modo in cui voleva. Il risultato è semplicemente entusiasmante. In “Strade di fuoco” troviamo una caratterizzazione dei personaggi che pesca a piene mani da stilemi noir, delle scene d’azione in cui la macchina da presa è sempre posizionata nel posto giusto per dare dinamismo e credibilità.
A queste due cose si sommano una direzione degli attori capace di tirare fuori il meglio da ogni interprete, persino a uno non notoriamente espressivo come Michael Paré (lui qui nel ruolo della vita). Se già tutto questo non bastasse, la fotografia inaugura quella che successivamente verrà battezzata con il nome di “estetica da videoclip” ed il montaggio, semplicemente perfetto e mai invasivo come nella totalità delle pellicole del regista. La pellicola si apre con le parole “Another time, another place”, ed è proprio così, perché “Strade di fuoco” è veramente un film di creato in un altro luogo e in un altro tempo. Impossibile dimenticarlo, ancor meno non amarlo.