Don’t Look Up

Don’t Look Up – Adam McKay

Don’t Look Up – La stupidità ci ucciderà

Nel nuovo film del regista/sceneggiatore americano Adam McKay, “Don’t Look Up”, satira, critica e un tocco di demenzialità si uniscono per raccontare la fine del mondo al tempo dell’algoritmo. Le risate, per lo più amare, non mancano, la satira, presente ma meno tagliente dei suoi lavori precedenti, fanno di questa ultima fatica un film sulla deriva della società attuale, così in movimento eppure tanto statica, così intelligente da venire annientata dalla propria stupidità.

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La ricercatrice Kate Dibiasky (Jennifer Lawrence) individua una nuova cometa. Assieme al suo mentore, il Dottor Randall Mindy (Leonardo DiCaprio), calcoleranno dimensioni e rotta del corpo celeste, scoprendo amaramente che finirà per abbattersi sulla terra tra circa sei mesi e date le dimensioni della cometa, una volta giunta a destinazione distruggerà ogni forma di vita. I due studiosi inizieranno ad avvisare le autorità, come pure i media, ma incontreranno parecchie resistenze, tra chi preferisce prendere tempo perché ha progetti personali a cui badare, o chi iniziare a ridicolizzare i nostri in quanto scienziati. Per i due sarà una strada in salita quella da percorrere per convincere governi e opinione pubblica della catastrofe imminente. Risucchiati dagli eventi, che lentamente li porteranno a seguire strade molto diverse tra loro, l’unica certezza che rimane al mondo è che una missione spaziale riesca a distruggere la cometa, prima che questa metta fine ad ogni cosa.

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Potremmo definire “Don’t Look Up” l’anti “Armageddon” (o “Deep Impact” se preferite), visto che partendo dallo stesso spunto catastrofico intraprende una strada completamente opposta. Dove il film di Bay passa dal serioso a caciara spaziale, quello di McKay inizia in modo ironico per finire amaro e tagliente. Certo il cineasta americano non è nuovo a questo tipo di operazioni, basti pensare a “La Grande Scommessa”, ma in questo ultimo film qualcosa sembra non girare perfettamente. Ogni momento di “Don’t Look Up” è effettivamente riuscito e i vari passaggi da dramma a commedia, dalla satira alla demenzialità, si susseguono senza alcun problema o calo di ritmo. A non convincere è forse la critica sociale fin troppo imparziale, o meglio, nel raccontare questa epopea manca qualche affondo, qualche assalto alla giugulare nei confronti delle figure che porta sullo. Per fare un esempio il personaggio di Peter Isherwell, interpretato da Mark Rylance, è chiaramente un assieme di personalità imprenditoriali pescate da quelle attuali (da Bezos a Musk, passando per Zuckerberg e altri), che non si preoccupa di mettere in pericolo le vite umane per il proprio tornaconto, eppure non viene mai realmente “punito” in modo diretto nel film. Questo è solo uno degli esempi, ma in “Don’t Look Up” McKay sembra molto più misurato, lasciando allo spettatore il compito di giudice e giuria nei confronti dei caratteri portati sullo schermo.

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Il film, che rimane un ottimo spettacolo d’intrattenimento, fallisce nel non restituire allo spettatore il rischio a cui i personaggi stanno andando inesorabilmente incontro. Da fuori dello schermo si può riflettere sui parallelismi tra la cometa e la recente pandemia o la crisi climatica, accendere discussioni inerenti ai social network, la scienza e gli scienziati, ma la verità è che McKay non fa ricadere nessuna responsabilità oltre il muro dell’immagine. A prescindere da quello che sarà il finale di “Don’t Look Up” il regista questa volta non riesce a far sentire parte attiva lo spettatore, azzerandone ogni tipo di responsabilità e depotenziando di molto il sottotesto di cui la pellicola è intrisa. Quindi se il più importante (forse?) messaggio che il film lancia è che la stupidità umana è la causa dei mali della stessa, non mette lo spettatore nella condizione di domandarsi fino a che punto egli sia stupido, lasciandolo quindi guardare avanti senza mai verso l’alto. Ironico vero?

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In "Don't Look Up" le risate, per lo più amare, non mancano, la satira, presente ma meno tagliente dei suoi lavori precedenti, fanno di questa ultima fatica un film sulla deriva della società attuale, così in movimento eppure tanto statica
3.5
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