Dalla penna di H.G. Wells fino a Leigh Whannell, “L’uomo invisibile” ha goduto di numerosi adattamenti cinematografici, suscitando sempre l’interesse del pubblico. Dopo la celebre incursione sul grande schermo nel 1933, di James Whale, il personaggio è entrato a pieno titolo nel ciclo dei “Mostri della Universal”. Nonostante sia diventato protagonista di commedie quanto di thriller, torna oggi per mano del co-autore di “Saw” e “Insidious”, Leigh Whannell. Abbandonato il suo storico collaboratore James Wan, Whannell inizia un nuovo percorso nelle fila della Blumhouse di Jason Blum. Quest’ultimo ha contribuito al rilancio della carriera di M. Night Shyamalan e prodotto perle dell’horror come “Scappa – Get Out” e la saga di “The Purge”, capaci di trasformarsi in veri fenomeni popolari.
La Universal, che da tempo cerca di capitalizzare sui suoi “mostri”, ha provato diverse strade. Dall’avventura scanzonata grazie alla saga de “La Mummia“, passando per il discutibile “Van Helsing”. Ha persino ipotizzato un universo cinematografico sullo stile di quello dei cinecomic Marvel, il cosidetto “Dark Universe”. Tuttavia, tale progetto è naufragato dopo il disastroso film con Tom Cruise, “La Mummia“. “L’uomo invisibile”, che avrebbe dovuto far parte di questo grande disegno di pellicole interconnesse, finisce nelle mani della coppia Blum-Whannell, che fanno tabula rasa di quel progetto. Abbandonando tono e dimensioni da blockbuster, rielaborano il classico di Wells, attualizzandolo senza tradirlo. Il risultato è un buon film horror, capace di spaventare da un lato e di far riflettere dall’altro.
“L’uomo invisibile” racconta la storia di Cecilia (Elisabeth Moss), giovane donna che sposata con il ricercatore Adrian Griffin, un uomo brillante ma anche violento e oppressivo, che la costringe a una relazione tossica. Con l’aiuto della sorella, Cecilia riesce a fuggire dal marito, che però muore qualche giorno dopo. Cecilia non crede al suicidio e sospetta che sia solo uno stratagemma di Adrian per vendicarsi della sua fuga. La sua ritrovata tranquillità inizia a disgregarsi e, mentre tutti credono che stia attraversando uno stato di shock post-traumatico, Cecilia è convinta che l’ex marito, mediante una delle sue invenzioni, la stia tormentando, isolandola dalle persone che le sono vicine per condurla verso la follia.
Leigh Whannell che scrive e dirige “L’uomo invisibile”, realizza una pellicola lucida e funzionale. Partendo dal racconto originale in cui uno scienziato diventa invisibile e sviluppa manie di onnipotenza, il regista americano cambia prospettiva mettendo al centro la vittima di quest’ultimo, lasciano sullo sfondo tutta la parte più “giocosa” dedicata alla scoperta dell’invisibilità. Il film riflette su come la società percepisca le vittime di abusi e riesce a mescolare abilmente i momenti di tensione alle tematiche sociali, tra queste l’isolamento più o meno volontario in cui piombano le donne che si ritrovano coinvolti in tali situazioni.
“L’uomo invisibile” però non si dimentica nemmeno di portare in scena lo spettacolo. Il film offre la giusta dose di spuspance per tutta la sua durata, avvalendosi di una interprete principale straordinaria, e mentenendosi lontano da toni eccessivamente seri o troppo leggeri. Con “L’uomo invisibile”, Leigh Whannell dà vita a un ottimo film di genere, capace di spaventare e, allo stesso tempo, mantenere viva la riflessione. Potrebbe non avere una personalità tale da diventare un cult (come ad esempio “L’uomo senza ombra” di Paul Verhoeven), ma merita sicuramente più di una visione.
Dove Vedere L'uomo invisibile
