Thanksgiving – Sangue e tradizione a Plymouth
Eli Roth è un regista interessante e allo stesso tempo scostante, ma con “Thanksgiving” da vita a uno slasher riuscito che può contare su una sana dose di violenza, un sottile sottotesto politico da cui si svincola velocemente, ma soprattutto su di un assassino mascherato capace di ritagliarsi il giusto spazio nei cuori degli appassionati. Roth che è più “pratico” che “teorico” porta sullo schermo un racconto capace di mettere in risalto le sue abilità dietro la macchina da presa, piegando gli eccessi stilistici che lo hanno contraddistinto in passato, ai canoni dello slasher dando forma a una parabola di omicidi trucidi e allo stesso tempo esaltanti, sacrificando l’intreccio in favore dell’atmosfera.
“Thanksgiving” ci trasporta a Plymouth nel Massachusetts, cittadina che viene sconvolta da una serie di omicidi compiuti da un killer mascherato da John Carver durante i giorni del Ringraziamento. Quelle che inizialmente sembravano vittime casuali, si riveleranno unite da una tragedia avvenuta esattamente un anno prima ai magazzini RightMart durante il Black Friday. Un gruppo di ragazzi presente proprio quella sera inizierà a indagare su chi si nasconda dietro la maschera di Carver, prima che quest’ultimo li stermini tutti in diretta streaming.
Non è l’originalità del racconto a convincere di “Thanksgiving”, ma come viene portato sullo schermo da Roth attraverso momenti classici del genere, costruiti adeguatamente e farciti con una dose splatter che sembra aliena sulle produzioni horror commerciali degli ultimi anni. Se negli ultimi film della rinata saga di “Scream” la violenza è presente ma in modo tutto sommato contenuto, in “Thanksgiving” Roth non si fa problemi a mostrare nel dettaglio l’operato del suo assassino mascherato. Sembra scontato, ma aver riportato il genere indietro con le lancette negli anni ottanta per quanto concerne la messa in scena della violenza, paradossalmente infonde al film un’aura di freschezza che da troppo tempo mancava sullo schermo.
Implacabile come ci si aspetta, il John Carver che imperversa a Plymouth è esattamente quello che ci si aspetterebbe da uno sterminatore negli anni dei social network. Oltre ad uccidere le proprie vittime, lui posta le sue esecuzioni sui social network, tagga le future persone che ha sulla lista conscio del fatto che in molti crederanno che quello che vedono sia l’ennesima fake news. Eli Roth con “Thanksgiving” convince in più occasioni, mettendo assieme un cast variegato e funzionante, collezionando una serie di momenti che lanciano John Carver nell’immaginario popolare.
Il film che non disdegna una leggera critica politica legata al consumismo (la prima parte nel grande magazzino) e di certo una sociale legata ai social network, convince perché sa fare al meglio quello che ci si aspetta da un titolo simile, creare tensione e mettere in scena esecuzioni spettacolari. “Thanksgiving” non aspira a essere niente più che un’ottimo slasher e il fatto che centri pienamente questo bersaglio lo trasformano in un piccolo gioiello sia per gli amanti del genere, che per tutti coloro che sono alla ricerca di qualche brivido.