The Amazing Spider-Man 2

The Amazing Spider-Man 2 – Anche Electro sogna anguille elettriche?

Quando un paio di anni fa l’idillio tra Sam Raimi e la Columbia inizio a rompersi, la coppia ci propose uno dei più grandi successi dello stesso anno. Mi riferisco ovviamente a quella bizzarra pellicola che porta il nome di “Spider-Man 3”. Film non riuscito ma allo stesso tempo nemmeno da buttare nel water, di sicuro rimane uno dei punti più bassi della filmografia di Raimi assieme a quel polpettone sul baseball con protagonista Kevin Costner ( parliamo di uno sport noioso fino alla morte quindi difficilmente il film poteva non esserlo).

Mentre quel disastroso terzo capitolo ci veniva proposto, un giovane di nome Marc Webb si sbatteva da un produttore all’altro per realizzare “500 Days of summer” (in Italia divenuto “500 giorni insieme”), il suo primo lungometraggio. Chissà se mentre creava quel piccolo gioiellino indie si sarebbe immaginato di succedere il buon Sam alla direzione della saga ragnesca. Sta di fatto che quando diresse il primo capitolo della serie “The Amazing Spider-Man”, mentre molti erano ancora in terapia per dimenticare Tobey Maguire in versione “Febbre del sabato sera” (eh sì, Spider-Man 3 ha toccato vette infami), io ero uno dei pochi veramente fiduciosi sulla possibile riuscita di questo nuovo corso filmico.

The Amazing Spider-Man 2
Quante sedute di terapia per affrontare queste scene di Spider-Man 3

Nonostante ci fosse un regista di “commediole indipendenti” alla direzione del progetto, alla fine sono stato ripagato dall’averlo difeso in vari lidi di discussione non solo su web. Da una parte non rimasi deluso dal film, dall’altra Webb era riuscito pure ad andare oltre le mie aspettative dimostrandosi in grado di gestire un blockbuster, capace di convincere non solo nelle scene d’azione, creando come da prassi una più alta aspettativa per il seguito.

Ed è proprio qui che arriviamo, perché “Il potere di Electro” più che il seguito della precedente pellicola di Webb, sembra il capitolo successivo al terzo della trilogia di Raimi, dato che riesce a raggiungere le stesse vette di infame imbarazzo visivo. Capiamoci il film inizia bene, i primi venti minuti circa sono riassumibili con tutta una serie di “Yeah”, fino a quando non compare per la prima volta il personaggio interpretato da Jamie Foxx: Max Dillon.

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Al mio segnale scatenate l’inferno! E dopo aver visto il look di Max Dillon lui tutto il cast tecnico è andato in sciopero.

Ecco il solo aspetto del personaggio di suo fa presagire che seguiranno una sequela di stronzate di inenarrabili e spiace ammetterlo, ma di queste è costellato l’intero proseguo della storia. Si, sembra che Orci, Kurtzman (gli sceneggiatori) e lo stesso Webb, dall’entrata in scena di Foxx si siano messi a osservare dell’esterno dei loschi individui che hanno continuato il lavoro al posto loro. Ci ritroviamo quindi a vedere la genesi di Electro (da notare la somiglianza con Mr.Freeze di “Batman & Robin”), che è riassumibile in un uomo che piomba dentro ad una vasca piena di anguille giganti, che avrebbero fatto la gioia di Valeri Marini ai bei tempi.

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“Bei” tempi quando le anguille erano appannaggio delle schifezze con la Marini

Allo stesso tempo Norman Hosbourne, il miglior amico di Peter Parker torna in città e vuole impossessarsi del sangue di Spider-Man per guarire da una malattia ereditaria, di cui ho dimenticato il nome, ma sappiate che fa diventare la pelle verde e le unghie lunghe (avrete capito perché ho dimenticato il nome, ora che ne conoscete i sintomi).

Tra l’altro il nuovo Goblin è uno dei peggiori antagonisti che io ricordi, secondo solo a Carnage di “Spider-Man 3”, tutte le azioni che compie sono praticamente “rumore di sottofondo”, nel senso che non te ne frega nulla delle stesse mentre si stanno compiendo davati ai tuoi occhi, specie dopo aver appreso che Electro si tele trasporta attraverso i cavi elettrici come Horace Pinker di “Sotto Shock” (sarà un omaggio al più brutto Craven di sempre?). Cioè il cattivone di turno è praticamente la versione moderna di Horace Pinker, ve ne rendete conto? A questo punto l’attenzione va al telefono, facebook, twitter ma di sicuro non su quanto sta accadendo sullo schermo.

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Parliamone

Vale la pena però soffermarsi sul finale, che dopo un piccola sorpresa, ci regala un bel copia/incolla da “Gli Incredibili” della Pixar (paro, paro, la differenza sta solo in quello che lo precede). E mentre ci riprendiamo dallo shock dovuto alla visione di Paul Giamatti recitare dentro una armatura realizzata con una computer grafica penosa, comprendiamo che quelle due ore di agonia sono finalmente finite e che ovviamente, al peggio non c’è mai limite.

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