Patto Criminale “Slevin” – Chi è chi?
Sembra incredibile ma nel cinema non c’è genere che almeno una volta non abbia sfruttato lo scambio d’identità come propulsore per dare moto al racconto. Il nuovo film di Paul McGuigan dopo un prologo folgorante introduce il personaggio principale, Slevin, il quale viene scambiato per l’amico Nick Fisher dai due capi della malavita organizzata del luogo. Nick/Slevin dovrà quindi trovare dei soldi da dare al “Rabbino” per parificare un debito, ma dovrà anche uccidere il figlio di quest’ultimo per conto del “Boss” in modo da cancellare la pendenza monetaria che ha anche con costui. Tra killer, poliziotti corrotti, scagnozzi stupidi e capi mafia poco lungimiranti Slevin avrà quarantotto ore di tempo da utilizzare per salvarsi il collo.
“Lucky number Slevin”, questo il titolo originale molto più attinente del nostro con la trama del film, fa di un gioco di specchi la trave portante del suo film. Tutti i personaggi di questa storia sono doppiogiochisti e solo pochi sanno veramente chi hanno di fronte, ed il più delle volte lo capiscono quando si ritrovano già morti. Il bellissimo inizio con un Bruce Willis paralizzato che spiega al personaggio di Sam Jeager la cosiddetta “mossa Kansas city”, è il solo ed unico indizio per sbrogliare una matassa complicata.
Nella mossa Kansas city si fa in modo che il nemico sposti l’attenzione da una parte per poterlo così attaccare dall’altra, ed è sostanzialmente questo che fa McGuigan, punta il dito a sinistra per poi sviluppare la storia a destra depistando lo spettatore che alla fine si rende conto di quanti indizi visivi erano stati disseminati lungo tutta la pellicola per poter ricostruire il puzzle molto prima dei titoli di coda. Dialoghi divertenti ed irriverenti sono alla base del film che di azione ne propone poca, ma di divertimento molto. E’ incredibile come questa commedia a base di gangster sia sempre e volutamente sopra le righe.
Ogni personaggio è la caricatura di se stesso ed il cast scelto per farlo è di altissimo livello, infatti due mostri come Freeman e Kingsley sono superbi nello gigioneggiare, così come Bruce Willis, forse il migliore di tutto il cast, dipinge un killer talmente pieno di se da risultare grottescamente divertente. Tutto è oliato bene grazie alla regia che dosa ritmi e tempi con gusto, anche se la parte centrale soffre un po’ a causa di dialoghi ridondanti. In definitiva “Slevin” è una scatola cinese dove aperta la prima, se ne trova un’altra, ed ad ogni scatola la realtà cambia completamente, le situazioni si ribaltano e lo spettatore ritorna nuovamente al punto di partenza ponendosi la domanda: “Chi è chi?”.