L’ora della violenza

L’ora della violenza – Un supplente inatteso

Una scuola di Miami è completamente soggiogata da bande criminali. Una insegnante che tenta di ribellarsi alla violenza viene aggredita. A sostituirla arriverà il fidanzato di lei Jonathan Shale (Tom Berenger). Questi è un mercenario che infiltrandosi nel corpo insegnante per cercare i colpevoli dell’aggressione, scoprirà e bloccherà il traffico di droga all’interno dell’istituto. “L’ora della violenza” di Robert Mandel non è sicuramente una pellicola indimenticabile. Rappresenta uno degli ultimi titoli d’azione degli anni novanta che si potrebbero definire “classici”.

La pellicola infatti nonostante sia datata 1996 non ha quella costruzione estetica creata a tavolino dalla coppia Bay/Bruckheimer, che nello stesso anno trova la consacrazione definitiva del botteghino con “The Rock”. Il film di Mandel è veramente vecchio stile, dove ogni cosa è caratterizzata con la stessa finezza di una scure che taglia un tronco. Tutto è bianco o nero, dualismo classico, da una parte i buoni dall’altra i cattivi. Ad ogni azione ne consegue un’altra di maggior peso, spalmando l’improbabilità degli eventi narrati al solo scopo di ingigantire sempre di più il tutto, per arrivare ad uno scontro finale delle parti ad alto tasso di spettacolarità.

Purtroppo “L’ora della violenza” nonostante la buona idea di inserire una figura dai metodi poco ortodossi, all’interno di un ambiente scolastico, non riesce mai a eccellere in nessuna delle sue parte. I cattivi sono veramente troppo macchiettistici, i compagni del protagonista sono bidimensionali ed inutili fino alla fine, la storia procede senza troppe complicazioni e colpi di scena. Porta il peso della pellicola Tom Berenger che sembra l’unico a credere in quello che fa, risultando alla fine quasi fuori del contesto. “L’ora della violenza” non ha veramente nessun motivo per essere visto, come nessuno per evitarlo.