La terza madre

La terza madre – Cortocircuito del corpo

Il ritrovamento di un sarcofago nei pressi di Roma risveglierà dal sonno l’ultima rimasta di una triade di streghe malvage, questa ha il nome di Mater Lachrymarum (madre delle larime). Decisa a far piombare il mondo nel caos e nel terrore utilizzando la sua potente magia nera, troverà ad ostacolarla Sarah Mandy (Asia Argento) figlia di una deceduta strega bianca che in passato aveva già sconfitto una delle tre streghe, la Mater Sospiriorum (madre dei sospiri). Dario Argento chiude un’ipotetica trilogia incentrata sulla stregoneria inizia con “Suspiria” e continuata con “Inferno”.

“La Terza madre” è un film sulla rinascita e sul risveglio, e la prima accade più volte durante la pellicola. Il ritrovamento della bara contenente “i ricordi” di un cinema che non esiste più e rinasce con le forme della splendida Moran Atias, da li il ricordo viene fortificato ed archiviato tramite il martirio di un corpo femminile, per poi prendere delle inaspettate direzioni visuali e narrative. Ogni giorno in cui la protagonista Sara si sveglia il film ricomincia e vede come uniche costanti le due rivali, quasi come in una strada senza uscita la buona eroina si ritroverà a dover puntualmente partire da zero in un mondo che cambia forma troppo velocemente, azzerando i suoi ricordi personali e spirituali.

La nuova pellicola di Dario Argento è la rappresentazione di un cinema cortocircuitato e incontenibile, in cerca di uno spazio nello sguardo, per farlo utilizza una narrazione fiabesca (cosa sono i giorni se non la rivisitazione del “non voltarti indietro altimenti ti ritroverai al punto di partenza”?), che non ha niente più a che vedere con il genere di appartenza, mutando di volta in volta personaggi, ambienti e scopi. “La terza madre” si diverte a distruggere gli appigli reali e logici dello spettatore, sodomizzando i corpi ed inserendo in essi qualsiasi cosa possa distruggerli, ed infatti la visione diviene spiazzante e complicata.

Triste ed ammaliante allo stesso tempo, personaggi non caratterizzati entrano ed escono come naturali pedine di un mosaico di colori che non delineano i contorni. Un baratro verso l’alto è quello che cerca disperatamente la protagonista, uno spiraglio di luce dal cielo che la faccia uscire dalla pazzia di queste giornate scollegate tra loro che lo schermo le propone, come se il cinema fosse diventato finalmente un videogioco con tanto di potentissimo mostro finale da bloccare non più con la forza ma mediante l’astuzia.

E dopo essere rinati più e più volte nella Roma impazzita assieme alla giovane Sara, i titoli di coda ci obbligheranno a guardare avanti risvegliandoci da un’incubo cinematografico che difficilmente si dimenticherà. “La terza madre” segna il definitivo cambiamento di stile ad opera di un regista che nel tentativo di trovare un nuovo linguaggio cinematografico, lascia completamente spiazzato chi non riesce ad entrare nel suo mondo.

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"La Terza Madre" è la rappresentazione di un cinema cortocircuitato e incontenibile.
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