Il rito delle streghe

Il rito delle streghe – Un seguito inutile

Capita a tutti di sbagliare, pure a Jason Blum che con la sua Blumhouse riesce quasi sempre ad intercettare i gusti del pubblico. Questo “Il rito delle streghe”, in originale “The Craft: Legacy”, si può tranquillamente inserire tra quelle pellicole che il produttore low budget più famoso di Hollywood, ha decisamente toppato. Seguito e allo stesso remake del teen horror anni novanta “Giovani Streghe” (“The Craft”), il film diretto dalla giovane attrice/regista Zoe Lister-Jones riesce ad essere fallimentare praticamente sotto ogni aspetto.

Il rito delle streghe

La storia vede la giovane Lily (Cailee Spaeny) trasferirsi con la madre nella cittadina dove risiede il nuovo compagno di quest’ultima. La ragazza verrà accolta calorosamente dal futuro patrigno, ma allo stesso tempo incontrerà dei seri problemi ad integrarsi con i nuovi compagni di scuola. Ad aiutarla un gruppo di studentesse dedite alla stregoneria in cerca di una quarta figura femminile che completi il loro cerchio magico. Queste infatti vedono in Lily la figura di cui hanno bisogno. Sbloccati i poteri magici, queste inizieranno ad usarli e ad abusarne fino a superare dei limiti che metteranno a rischio le loro vite.

Il rito delle streghe

“Il rito delle streghe” ricalca di fatto la struttura del suo predecessore, aggiornando il tutto in salsa social network e smartphone. Purtroppo però un cast incolore e una scrittura assolutamente anonima affossano anche i pochi momenti in cui il film cerca in qualche modo di costruire tensione. Più che streghe che hanno stretto un patto con qualche presenza oscura, il nuovo quartetto di protagoniste sembrano delle Winx calate sui toni della serie televisiva “Buffy”, o per restare in tema “Streghe”. Diviene difficile capire come da un teen horror imperfetto ma non privo di personalità come “Giovani Streghe” di Andrew Fleming, si sia finiti a vedere la versione incolore di un pilota televisivo di terza categoria.

Il rito delle streghe

Parte della colpa va sicuramente alla filosofia produttiva a budget ridotto della Blumhouse, ma in questo caso se questo aspetto ha sicuramente condizionato parte degli effetti speciali e resa visiva generale, a decretare il fallimento del “Il rito delle streghe” è la sceneggiatura scritta dalla stessa Zoe Lister-Jones. Questa infatti delinea caratteri macchiettistici ed è completamente incapace di creare tensione di alcun tipo. La sensazione generale durante la visione è quella di assistere a una serie di azioni casuali compiute da esseri decerebrati dalla fattezze umane. Persino la colonna sonora risulta monotona e priva di personalità. Ovviamente nemmeno “Il rito delle streghe” è immune al colpo di scena finale atto ad aprire la strada ad un possibile seguito, ma se siamo fortunati, visto lo scarso successo di questo non lo vedremo mai.

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Ne "Il rito delle streghe" un cast incolore e una scrittura anonima affossano anche i pochi momenti in cui il film cerca di costruire tensione.
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