Non bussate a quella porta

Non bussate a quella porta – Trascurabile terrore

Mostri, maledizioni e madri disperate. “Non bussate a quella porta” diretto da Caradog W. James (che ha esordito con il sci-fi “The machine”) è cinema horror che esplora nuovamente una tematica precisa: la maternità (potremmo parlare di cinema post “Babadook“). Tutto inizia con due ragazzini che sfidando una leggenda metropolitana, scatenano su di loro il mostro di turno.  Lo svolgimento di “Non bussate a quella porta” è abbastanza canonico. Dopo aver bussato alla porta di una vecchia casa, risveglieranno una creatura che li perseguiterà. Il primo ragazzino muore praticamente subito, divenendo esempio ideale del modus operandi dell’essere sovrannaturale.

Il secondo, una ragazza abbandonata dalla madre che ora la vorrebbe con se nuovamente, impiegherà tutta la durata del film nel confronto con il mostro. Twist finale scontato come la quasi totalità della pellicola, che seppur tenti di essere una horror serioso, non riesce a creare veramente tensione. Questo comporta che l’attenzione troppo spesso finisce per cadere sulle banalità di scrittura, e sul montaggio capace di creare inutile confusione. Non c’è nessun vero motivo per guardarlo, ma “Non bussate quella porta” rimane un horror che forse spaventa poco ma non annoia e questa non è cosa da poco.

Uno degli aspetti più riusciti, che contribuiscono a mantere vivo l’interesse, lo si trova nella deriva fiabesca propria della seconda parte. Nonostante non abbia nulla di veramente originale, “Non bussate a quella porta” restituisce comunque un dignitoso finale, che seppur atteso funzia molto bene. Vista l’uscita diretta per il mercato home video, più di qualcuno dovrebbe comunque considerare la visione. Negli ultimi tempi un horror come questo è una gradita sorpresa distributiva.

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