Capitan Harlock

Capitan Harlock – Un futuro possibile

Il primo incontro con la nave spaziale Arcadia l’oscuro Capitan Harlock non lascia indifferenti, anzi già si può scorgere quello che succederà in questo lungometraggio dedicato al pirata spaziale uscito dalla penna di Leiji Matsumoto (Galaxy Express 999, La regina dei mille anni). Il film diretto da Shinji Aramaki (Appleseed) riscrivere il mito e crea un nuovo mondo da esplorare, una nuova visione dell’eroe bendato che seppur tutto di un pezzo è qui costretto a fare i conti con i propri errori passati.

“Capitan Harlock” rinasce completamente abbandonando i segni a matita in favore del rendering computerizzato, senza però piegarsi alla globalizzazione dello sguardo occidentale, ma al contrario portando con se dal proprio passato quella forza espressiva che vedeva anche nella caricaturalità il suo punto di forza. “Capitan Harlock” di Aramaki si presenta come un vero e proprio prequel, di atipica impostazione dato che si ha continuamente l’impressione che il racconto non si quello narrato nel presente delle immagini, ma quello negatoci, quello futuro, perché questa storia non è quella conosciuta, non è quella aspettata.

Attraverso le gesta di due fratelli, facciamo conoscenza di un pirata spaziale in ricerca di dimenticare gli errori che lo hanno portato a distruggere ciò che era stato incaricato di proteggere, obbligando a far vivere il resto dell’umanità nell’illusione di una falsa speranza che non potrà più essere, di una vita che esiste solamente tramite l’illusione della stessa. Capitan Harlock dietro il vessillo con il teschio, nasconde non tanto la necessità di libertà e ribellione dai poteri forti, ma il proprio desiderio anarchico di rimediare ai propri errori, la bandiera bicolore della nave spaziale Arcadia nasconde il sogno di poter dimenticare, azzerare il ricordo per renderne possibile la riscrittura.

Ecco quindi che tra duelli spaziali e virate ecologistiche, la pellicola di Aramaki finisce per ammaliare lo sguardo senza coinvolgerlo, confinandolo impotente ai margini, lasciandolo sempre desideroso di assistere a quel momento che lo porterà prepotentemente dentro il l’immagine. Tutto questo non avverrà mai, perché in questo mondo con questo capitano non può avvenire. Questa storia è quella di una avventura da dimenticare, un oscuro capitolo da archiviare per poter ripartire, magari con un nuovo capitano al timone, magari con un teschio che finalmente significa veramente libertà.

Solo così i ponti dell’Arcadia potranno essere vissuti anche da chi sta dall’atra parte dell’immagine, con un trasporto diverso, con un nuovo e affascinante viaggio da intraprendere, senza più bugie, senza più oscuri ricordi da reprimere.

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