Negli anni ’90, dopo quel terremoto che fu “Jurassic Park” che cambiò, nel bene e nel male, il modo di concepire i blockbuster, abbiamo assistito a un numero crescente di pellicole dai costi contenuti che tentavano di svecchiare formule già collaudate. “The Relic” (che in Italia Cecchi Gori pensò di intitolarlo “Relic – l’evoluzione del terrore”, misteri tricolore) diretto da Peter Hyams è un libero adattamento, sottolineo libero, dell’omonimo romanzo scritto da Douglas Preston e Lincoln Child, ed è il classico b-movie horror che come ricetta di quel periodo vuole, intrattiene spaventa e ci butta dentro una spruzzatina di computer grafica, che serve a niente nell’economia del film, ma attira molte persone se piazzata a dovere nel trailer. Ecco che quindi, avendolo visto al cinema e più di qualche volta tra le pareti domestiche, questo non poteva che essere un mio personale “Cult”.
Il film racconta la storia di un ricercatore del museo di storia naturale di Chicago, tale Julian Whitney, che in uno dei suoi viaggi tra le civiltà indigene dell’Amazzonia, viene a contatto con una bacca che si rivela un potente mutageno. Tornato a Chicago assieme al carico l’uomo è ormai una creatura mostruosa, il “kotoga”, che si ciba di ipotalami umani. Mentre dissemina morte e paura la biologa Margo Green (Penelope Ann Miller) e il tenente Vincent D’Agosta (Tom Sizemore) uniranno le forze per sconfiggere il mostro, prima che quest’ultimo uccida tutti gli ospiti presenti a una serata di gala organizzata dal museo per inaugurare la mostra sulle civiltà amazzoniche, resa ironicamente possibile grazie alle casse spedite proprio da Julian Whitney.
Il regista americano per tutto il primo tempo dosa i tempi del racconto e si guarda bene dal mostrare o comunque far intuire le fattezze della creatura, alimentando l’immaginazione dello spettatore, fino al momento in cui essa apparirà in tutto il suo corpulento splendore. Dopodiché parte la classica corsa contro il tempo per fermarla, composta da una serie di teste e arti strappati, che oggi farebbero sembrare la pellicola qualcosa di violentissimo per una sala cinematografica, abituati a fantasmi che fanno saltare letti e a sangue colorato quasi sempre di nero. Gli interpreti poi formano una coppia credibile, la Miller non è così affascinante da risultare fuori luogo e Sizemore non così fisicamente prestante da sembrare un eroe indistruttibile. Gli effetti e la progettazione della creatura sono ad opera di Stan Winston, quindi credo ci sia poco da aggiungere in merito. “The Relic” a quasi 25 anni dalla sua uscita (il film è del 1997), se lo si guarda con la giusta dose di luci spente e home theater a volume imbarazzante, non solo intrattiene ancora a dovere, ma riesce pure a spaventare molto di più di un qualsiasi capitolo di Annabelle e simili. Non fu un enorme successo, la critica si divise tra detrattori e non, ma poco importa perché a noi i mostri ci piacciono e non ci scandalizziamo nel vedere una biologa con vestito da sera che fa di tutto per fermarlo e mettersi in salvo.
In “The Relic” c’è alla base la mutazione umana, la scienza costretta quasi ad arrendersi alla magia, una possibile riflessione sulle conseguenze della genetica, ma Peter Hyams non è sicuramente David Cronenberg e il suo film si pone come scopo ultimo l’intrattenimento a base di spaventi. Se uno vuole vederci qualcosa di più è grasso che cola, ma di base la pellicola è una sorta di “Alien” dove al posto di un’astronave viene utilizzato un museo nel centro di Chicago. “The Relic” non è un film che tenta in alcun modo di portare chissà quali novità al genere horror, ma quello che si ripromette di fare, ossia spaventare e anche stupire/stordire con un giusto mix di fotografia scura ed effetti speciali a base di animatronici e CGI, lo fa più che egregiamente. Il film è la festa di quei luoghi comuni del genere, inseriti però da uno che sa comunque cosa vuole ottenere e alla fin fine, il titolo risulta non solo divertente, ma anche a tratti spettacolare.