The Gift

The Gift – Un solido thrille soprannaturale

Se c’è un regista che malgrado i successi ottenuti viene spesso dimenticato questo è sicuramente Sam Raimi. Nonostante abbia una filmografia più che mai brillante, dopo aver raggiunto la massima notorietà con la prima trilogia di “Spider-Man”, il cineasta si è lentamente dedicato sempre meno alla regia e più alla produzione. Certo uno degli ultimi film che ha portato al cinema si è rivelato un cult istantaneo. Stiamo parlando di quel “Drag Me To Hell”, che per quanto se ne parli bene, se ne parla sempre troppo poco. Ad ogni modo prima di scrivere le regole del cinefumetto moderno, il nostro Sam ha anche realizzato dei “film su commissione” di stampo decisamente classico ma che vale la pena di ricordare.

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Uno di questi è proprio “The Gift”, thriller con venature soprannaturali, che vede protagonista assoluta Cate Balnchett. Nemmeno a dirlo, questa pellicola del 2000 è una piccola perla capace di ritagliarsi uno spazio nel cuore degli amanti del regista del Michigan, ma anche in tutti coloro che vogliono gustarsi una storia dall’intreccio solido e dalla messa in scena priva di sbavature, che non rinuncia a qualche tocco personale (stiamo pur sempre parlando del regista de “La Casa” e L’Armata delle Tenebre”).

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La storia racconta della giovane Annie Wilson, una medium che dopo la morte del marito si ritrova a vivere con i tre figli e a guadagnare qualcosa leggendo carte e facendo premonizioni. A complicare la sua situazione ci pensa dapprima il marito di una sua cliente e poi, una strana visione che ben presto scoprirà nascondere l’omicidio di una ragazza. Nonostante l’iniziale riluttanza, Annie aiuterà le forze dell’ordine nell’indagine, ma una volta trovato l’assassino le cose si diventeranno ancor più difficili.

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Scritto da Billy Bob Thornton e Tom Epperson, “The Gift” è uno dei tanti thriller soprannaturali che però, riesce ad ergersi dalla mediocrità (e nel periodo in cui uscì film del genere venivano prodotti in serie), grazie alla bravura dell’interprete principale e la direzione della pellicola. Sam Raimi filma una pellicola la cui storia estremamente semplice e dal meccanismo assai lineare, diventa interessante per come essa si sviluppi soprattutto sul piano visivo. Dove “The Gift”, seppur senza realmente raggiungere vette altissime, riesce ad elevarsi trovando una propria dignità rispetto al genere, sta proprio nella messa in scena del regista americano.

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Non avendo controllo sulla scrittura, Raimi si concentra nel confezionare una pellicola carica di personalità sul fronte visivo, capace da un lato di valorizzare l’interpretazione di Cate Blanchett e dall’altro di costruire un’atmosfera che riserva più di un brivido quando questo si rende necessario. Seppur il racconto possa portare all’buso del fantastico, in “The Gift” tutta la parte soprannaturale tende a essere usata con parsimonia e per lo più, giustamente tra l’altro, in quei momenti in cui si rende necessario dare una svolta al racconto. Raimi non eccede mai in spettacolarità fine a se stessa, ma si dimostra abile nel costruire la tensione necessaria a mantenere vivo l’interesse e anche a regalare più di qualche sussulto al momento giusto.

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In questa pellicola mancano gli eccessi visivi delle precedenti, come pure quel macabro umorismo di fondo che popolano gli altri film del regista, ma proprio per questi motivi e, il suo essere cinema preciso e funzionale al suo scopo, rendono “The Gift” una sorta di unicum nella filmografia di Raimi (pur rimanendo un titolo minore all’interno della stessa). Uscito nel 2000, quando il genere thriller spopolava al cinema, il film ha comunque una sufficiente personalità da riuscire ad elevarsi sopra i vari “Il Collezionista di ossa” o “Il Collezzionista”, ma non abbastanza per elevarsi ai livelli di titoli come “Il silenzio degli innocenti”, “I soliti sospetti” o lo splendido “Le verità nascoste” di Robert Zemickis.

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Proprio quest’ultimo uscito anch’esso nel 2000, ha più di qualche tratto in comune con la pellicola a firma Raimi. “The Gift” non è un capolavoro quindi, ma un buon passatempo, un thriller funzionale ed esteticamente inappuntabile, che regala tensione e racconta con il giusto minutaggio una storia che oggi verrebbe sicuramente trasformata in una serie TV da otto puntate.

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