The Blues Brothers

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“Rewind è la videoteca ideale, che comprende quei film che non dovrebbero mai mancare in una collezione home video che si rispetti.

The Blues Brothers

The Blues Brothers

di John Landis

La storia in breve…

Jake ed Elwood blues sono due fratelli cresciuti in orfanotrofio. Entrambi musicisti Jake finisce in galera e nel giorno della scarcerazione andrà con il fratello a salutare la suora che li ha cresciuti. Da questa i due apprenderanno che lo stato sta per sfrattare lei e i ragazzini a causa di un cospicuo arretrato di tasse non pagate. Jake ed Elwood decidono di riformare i “The Blues Brothers”, la banda musicale di cui loro erano i frontman, in modo da organizzare un concerto e raccogliere i fondi necessari perché l’orfanotrofio non chiuda. Tra una fede cristiana ritrovata, poliziotti, neofascisti ed ex fidanzate che li inseguono per fermarli o ucciderli, il duo farà ogni cosa possibile per raggiungere il proprio scopo, perché loro, sono in missione per conto di Dio.

Un pensiero molto carino! Il giorno che io esco di prigione, il mio unico fratello mi viene a prendere con una macchina della polizia!

Il Film

John Landis con “The Blues Brothers” dirige il suo quarto lungometraggio ritrovando come protagonista John Belushi che già aveva incrociato nel precedente “Animal House”. Questa commedia musicale non è solamente ben diretta e dosata nei ritmi, dalla colonna sonora straordinaria e riuscita sotto praticamente ogni aspetto. No, “The Blues Brothers” è anche una satira nei confronti della società americana che ne mette alla berlina gli atteggiamenti più estremi. Nel fare tutto questo Landis non si scorda mai di regolamentarsi conscio che esagerare nei toni rovinerebbe la verve comica del racconto. Muovendo la macchina da presa in modo da rendere credibili anche i ruoli secondari di macchiette, senza farsi mettere in disparte dal duo di attori protagonisti, la regia si rivela estremamente lucida nel suo modo di raccordare le parti musicali con quelle narrative. La scelta alla base è quella di non far cantare ogni minuto di pellicola, ma di fatto è nei momenti cantati che la storia vede i suoi più importanti risvolti narrativi.

“The Blues Brothers” però oltre alla comicità, a ospiti d’eccezione come Ray Charles, James Brown, Cab Calloway e Aretha Franklin, riesce pure ad inserire al suo interno alcuni momenti d’azione veramente divertenti, tra cui una sequenzain un centro commerciale e un inseguimento finale di dimensioni epiche, ma dai toni comunque ironici. Merito della riuscita del film va data da una parte all’ottima regia, dall’altra al duo di protagonisti interpretato da John Belushi e Dan Aykroyd (autore della storia assieme allo stesso Landis), capaci d’infondere personalità magnetiche ai loro personaggi talmente forti da dimenticarsi che sono pura fantasia, se non fosse per alcuni momenti in cui il film ricorda allo spettatore di stare guardando un’opera irreale. Giunti ai titoli di coda “The Blues Brothers” non solo lascerà quel senso di appagamento che solamente i film riusciti sanno restituire, ma anche la voglia di rivivere nuovamente l’epopea di Jake ed Elwood Blues.

Sono 126 miglia per Chicago. Abbiamo un serbatoio pieno, mezzo pacchetto di sigarette, è buio e portiamo gli occhiali da sole…

Appunti: Io ho visto la luce

Ci sono due certezze riguardo a “The Blues Brothers” da affrontare subito per dedicarci ad altro. La prima è che non è un capolavoro, ma è un film unico nel suo genere (poi vedremo il perché). La seconda è che quando lo avrete visto esso vi accompagnerà per il resto della vostra vita. “The Blues Brothers” è un classico e anche un titolo di culto, queste due cose sono fuori discussione sia che lo abbiate amato oppure odiato (non so però come si possa detestarlo). John Landis a inizio carriera è riuscito a imprimere nella cinematografia americana una serie di pellicole, magari non sempre dal successo debordante, che hanno radicalmente cambiato l’approccio al cinema di genere. “The Blues Brothers” è un musical estremamente atipico in quanto potrebbe esistere senza le parti musicali e non venirne intaccato minimamente, ma potrebbe anche essere composto solamente dagli intermezzi cantati portando comunque degnamente a termine il racconto. Landis riesce a far coesistere le due anime del film come nessuno ci è più riuscito dopo di lui. Per prima cosa la pellicola inizia come una commedia molto canonica, toni a parte, per poi approdare al musical mettendo in scena sequenze improbabili, senza però che queste sembrino improbabili. Per essere maggiormente chiaro, in “The Blues Brothers” quando arriva un momento musicale questo sembra assolutamente “normale”. 

Come Landis sia riuscito a trovare un equilibrio tale tra le parti è probabilmente uno dei più grandi misteri cinematografici dopo la presunta paternità kubrickiana dell’allunaggio. Quindi in sostanza la pellicola è una commedia e allo stesso tempo un musical e ha all’interno del racconto momenti indimenticabili, sia per chi vuole farsi due risate, sia per chi ama le canzoni che lo compongono. Ma “The Blues Brothers” è anche un film estremamente politico (come la quasi totalità della filmografia del regista fino a “Il principe cerca moglie”), che descrive le istituzioni e le figure che in queste si muovono, come destrorse (che in quegli anni sono praticamente la medesima cosa), come la quintessenza dell’ignoranza. Frasi e momenti di culto sono presenti con una successione che lascia basiti, dalla famosa scena delle cavallette, alla sequenza del ristorante o la distruzione del centro commerciale (altra frecciatina al consumismo più becero), ma anche la stessa messa dove i due protagonisti ritroveranno la loro fede cristiana. Non basterebbero cinquemila caratteri per descrivere “The Blues Brothers”, per spiegare quanto sia geniale, di come sia un cinema che non esiste più o che forse non è mai esistito se non in questa rara alchimia tra le parti. Resta il fatto che a quasi quarant’anni il film di John Landis seppur invecchiato rimane un titolo unico, imperdibile e irripetibile (non ce la fece lo stesso regista con il seguito inutile arrivato fuori tempo massimo e del tutto dimenticabile).

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