Il cinema ritrova la tematica del viaggio, la strana coppia che strappa risate (amare) all’inizio e commozione alla fine, ma soprattutto il percorso che cambia la percezione di ogni cosa
Spacciandosi per un razzista bianco, un poliziotto afroamericano s’intrufolerà tra le fila del Ku Klux Klan locale, costringendo un suo collega ebreo a spacciarsi per lui quando dovrà incontrarne i membri.
“Bohemian Rapsody” si rivela ben presto un film di forma più che di sostanza (cosa spiacevole visto il potenziale derivato dalla storia della band inglese), dove si è preferisce dare un ritmo serrato agli eventi raccontati in modo da nascondere la totale mancanza di profondità del racconto.
La pellicola che mette in scena le gesta di un personaggio che si nutre di esseri umani per sopravvivere, si guarda bene dalla possibile deriva grottesca prendendo fin troppo seriamente una storia scritta senza verve che procedete per canoni già visti, presi a forza da altre produzioni (non solo appartenenti al mondo dei fumetti) e mescolate assieme nel tentativo di creare un meltin pot capace di intrattenere.
"Roma” è sicuramente il film migliore del regista messicano, che seppur completamente opposto alle grandi produzioni precedenti come “Gravity” o “I Figli degli uomini”, mette in scena una storia che sembra un flusso di memoria a ruota libera prima di ogni altra cosa, con una eleganza e maestosità che raramente si sono viste al cinema negli ultimi anni.
Dopo la scomparsa misteriosa del padre Lara Croft cerca di costruirsi una vita distante dall’ombra di questo. Un giorno dopo aver perso ogni speranza riguardo a un ritorno del genitore, verrà a conoscenza di una verità nascosta attorno alla tragica sparizione di Lord Croft. Inizierà quindi un viaggio che la porterà su di una isola misteriosa, dove si pensa risieda una antica e oscura leggenda. Ma non sarà la sola che vuole scoprire cosa si cela dietro al folklore di una maledizione.
Il film di Sollima è un solido thriller, che non cade nel tranello di spettacolarizzare l’azione, o peggio nella retorica patriottica (si parte comunque dal terrorismo), ma si limita a mettere in scena al meglio un western di frontiera.
Una storia che riporta il cinema americano indietro di 40 anni se non di più, riproponendo la dicotomia USA/Russia in stile guerra fredda difficilmente può essere interessante, “fresco”
Negli anni in cui tutto si consuma nel momento in cui finisce, il vero miracolo compiuto da Cooper con “A Star Is Born” è far continuare il sogno. Arrivati alla fine non ci resta che rivolegere al film le stesse parole che Jack pronuncia a Ally: “Volevo guardarti ancora una volta”.
“Nella tana dei lupi” rimane comunque uno spettacolo che se non preso troppo sul serio, come però il film vorrebbe, si rivela una valida alternativa alle pellicole d’azione dove quest’ultima è subordinata alla qualità dell’effetto in computer grafica.
Questo secondo capitolo oltre ad essere, assieme agli ultimi capitoli di “Transformers”, uno dei peggiori film d’intrattenimento degli ultimi dieci anni almeno, apre una ulteriore riflessione sulla crisi che si sta abbattendo sui blockbuster americani non tratti dai fumetti.
Il secondo capito della nuova trilogia che inaugurata qualche anno fa da “Jurassic World”, perde alle regia Colin Trevorrow (che scrive e produce questo nuovo episodio), per accogliere Juan Antonio Bayona.