Running

Running – Poche ore ti cambiano la vita?

Il destino e tutto ciò che gravita attorno ad esso ha da sempre affascinato l’universo cinematografico, sia passato che contemporaneo. Congetture e riflessioni, sulle scelte e casualità sono divenute ottime basi per film gradevoli di ogni genere, dalla commedia alla fantascienza. “Running” di Wayne Kramer non fa eccezione, ma anzi rincara la dose ambientando il suo film in una notte, un po’ come il classico di Landis “Tutto in una notte”, con ovviamente differenze stilistiche e contenutistiche che hanno portato a due risultati finali dalla qualità decisamente differente. Sfruttando la tecnica del flash forward vediamo il protagonista uscire da un ristorante con un bambino ferito tra le braccia.

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Deve portalo in ospedale a tutti i costi, ma la scena si ferma e la pellicola ci porta a 18 ore prima dell’accaduto, in una stanza ove dei criminali stanno spacciando della droga, a quel punto arriva il terzo incomodo che farà in modo di scatenare l classico “inferno di piombo” in cui usciranno fiotti di sangue, con morti ovviamente in tutte le file tranne quella del protagonista di nome Joey, interpretato da Paul Walker che per la prima volta vediamo finalmente recitare. Ovviamente ogni azione provoca una reazione, quindi dopo quella carneficina il nostro Joey ha il compito di nascondere la pistola usata dal capo per uccidere i non invitati alla festa.

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Compito classico che lui svolge come sempre con estrema disinvoltura se non fosse per il figlio del vicino di casa, un russo con la fissa per John Wayne, che prende proprio la pistola dal segreto nascondiglio per uccidere il padre. Tutto va nel peggiore dei modi ed ora Joey deve recuperare la pistola, trovare il ragazzo scappato di casa e nascondere i fatti prima che il boss, la polizia corrotta e la mafia russa capiscano il tutto scatenando una guerra senza pari. La notte in questi ultimi anni sembra l’ambiente ideale per rendere plausibile l’incredibile, peccato che in “Running” si tenti di far apparire credibile l’improbabile.

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Una storia che grazie ad un inizio folgorante, già visto ma comunque sempre funzionale, non riesce a decollare del tutto, consegnando agli occhi dello spettatore un pasticcio, anzi un frullato di dialoghi a tratti grotteschi, personaggi al limite del credibile i quali sembrano usciti da qualche anime nipponico, situazioni molto spesso scollegate tra loro, momenti carini ed originali seguiti da altri talmente mal gestiti che vien da chiedersi a quale scopo, se non quello d allungare il brodo, siano stati inseriti.

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La trama purtroppo non brilla per originalità, allora il regista Wayne Kramer ha giustamente deciso di affiancarla ad una narrazione visiva stravagante, peccato che il risultato sia inconcludente o se vogliamo troppo ingenuo per far presa sullo spettatore. Il cinema ha visto poliziotti e criminali combattersi da sempre, certo che ultimamente vien voglia di rivalutare anche i capitoli meno riusciti dell’ispettore Callaghan, se questi sono i nuovi polizieschi che la cinematografia propone.

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