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Profondo Rosso: Il capolavoro senza tempo di Dario Argento
Alcuni film segnano innegabilmente l’immaginario popolare, ma anche la cultura tematica di una o più generazioni di spettatori. “Profondo Rosso” di Dario Argento appartiene senza ombra di dubbio a questa categoria di produzioni in grado di scardinare i limiti imposti dalla sala, trasformandosi in fenomeni popolari capaci di segnare un nuovo punto di riferimento nel genere di appartenenza.
Questa pellicola ha infuso la passione per la settima arte a una sterminata quantità di cinefili e rimane ancora oggi una delle più importanti e influenti opere del cinema italiano di genere. Nonostante il traguardo dei cinquant’anni che si appresta a raggiungere, riesce ancora a calamitare l’attenzione anche degli spettatori più smaliziati. Diretto da Dario Argento e scritto in collaborazione con Bernardino Zapponi, “Profondo Rosso” rappresenta una delle vette più alte del cinema del regista romano, che dopo questo thriller sposterà la sua maestria definitivamente sul genere horror, dando vita a un altro capolavoro: “Suspiria”.
La storia in breve…
La storia di “Profondo Rosso” ruota attorno al pianista jazz Marc Daly (David Hemmings), che suo malgrado finisce per essere l’unico testimone dell’omicidio di una medium che abita nel suo stesso palazzo. Mentre la polizia cerca di far luce sull’accaduto, Marc, aiutato dalla giornalista Gianna Brezzi (Daria Nicolodi), inizia una propria indagine tentando di ricostruire cosa ha visto quella sera una volta entrato nell’appartamento della vittima. L’indagine, però, finirà per mettere sulle loro tracce l’assassino, un folle disposto a tutto pur di mantenere certe verità per sempre nascoste.
Il Film
Tra gli aspetti che ancora oggi riescono a stupire di “Profondo Rosso” troviamo un sapiente montaggio, capace di generare una tensione crescente al limite del sopportabile. Questa abilità nel montaggio è evidente nella maniera in cui le scene si susseguono, costruendo un ritmo che avvolge lo spettatore in un crescendo di suspense e terrore. Inoltre, l’uso delle inquadrature e dei movimenti di macchina risulta elegante e innovativo, conferendo al film uno stile unico. Argento utilizza angolazioni inusuali e carrellate fluide che aumentano il senso di disorientamento e claustrofobia, portando lo spettatore a vivere un’esperienza cinematografica immersiva e viscerale.
La fotografia di Luciano Tovoli è un altro elemento fondamentale che contribuisce alla costruzione della tensione. Tovoli utilizza un’illuminazione sapiente che gioca con ombre e luci, creando un’atmosfera inquietante e misteriosa. Questa tecnica è particolarmente efficace nelle scene notturne e negli interni, dove il contrasto tra luce e oscurità riflette simbolicamente il dualismo tra il bene e il male. La splendida colonna sonora, composta dai Goblin e Giorgio Gaslini (quest’ultimo autore del tema principale), amplifica ulteriormente l’effetto visivo. La musica, con i suoi toni inquietanti e ritmi serrati, accompagna le immagini in modo perfetto, aumentando la suspense e l’angoscia dello spettatore.
Tecnicamente, “Profondo Rosso” rimane una delle migliori, se non la migliore, prove dietro la macchina da presa di Dario Argento. La sua capacità di combinare tutti questi elementi tecnici con una narrazione avvincente dimostra la sua maestria come regista. Il fatto che il film risulti ancora oggi tanto funzionale quanto originale rappresenta la consacrazione di un classico del cinema italiano. Al tempo della sua uscita, il film fu snobbato dalla critica, forse a causa della sua natura innovativa e provocatoria. Tuttavia, il tempo è stato galantuomo: “Profondo Rosso” ha ricevuto gradualmente l’attenzione e il riconoscimento che merita, diventando un punto di riferimento non solo per il cinema italiano, ma anche per il genere thriller a livello internazionale.
Oggi, “Profondo Rosso” è considerato un capolavoro del cinema di genere e un esempio di come l’arte cinematografica possa evolversi e influenzare le generazioni future. La sua capacità di rimanere rilevante e apprezzato a distanza di decenni è una testimonianza della visione artistica di Dario Argento e della qualità intrinseca del film. “Profondo Rosso” non è solo un film, ma un fenomeno culturale che continua a ispirare cineasti e a conquistare nuovi spettatori, confermando il suo status di classico immortale del cinema.
Appunti: Oggi come ieri ancora potentissimo
Ricordo il mio primo incontro con “Profondo Rosso”. Era una videocassetta a noleggio quando ero ragazzino e a casa avevamo uno dei primi videoregistratori VHS, negli anni in cui c’era lo scontro con Betamax. A quei tempi, quando noleggiavi un film, ti portavi a casa la videocassetta con la custodia originale, completa di locandina, e talvolta prenotavi anche un lettore. Era intorno al 1984, credo, e ricordo bene come certe cassette mi fossero vietate; praticamente tutto ciò che non fosse Disney non era per me. Oggi, a quarantatré anni, sono contento che i miei genitori mi abbiano risparmiato possibili traumi derivanti dalla visione di certi film.
Però, come spesso accade con le cose che ti vengono negate da piccolo, prima o poi le recuperi. È come scottarsi con l’acqua per confermare che il pericolo di cui ti avevano avvertito è reale. Con un salto temporale degno di “Ritorno al futuro”, dal 1984 “Profondo Rosso” arriva davanti ai miei occhi nel 1994, quando ormai ho tredici anni e nella mia testa e nel mio cuore c’è un amore incontrollabile per horror, thriller, fantascienza e film d’azione. Quell’estate, riuscii a vedere “Terminator”, “Aliens”, “La Casa”, “Shining”, e poi finalmente il film di Dario Argento, che mi spalancò un mondo nuovo: quello del giallo all’italiana.
Fino a quel momento vivevo di riviste di cinema e pellicole per lo più straniere, ma con “Profondo Rosso” scoprii il cinema italiano. Dopo la visione, iniziai a esplorare registi come Pupi Avati, Bernardo Bertolucci e ovviamente Sergio Leone (ma questa è un’altra storia che merita un capitolo a parte). La prima visione si concluse tra momenti di puro e genuino spavento e con lo stupore di fronte a quello che trovo ancora oggi essere un finale incredibile, sia per messa in scena che per originalità. All’epoca, nelle pause scolastiche estive, avevo molto tempo libero che dedicai a raccogliere informazioni sul regista e le sue opere precedenti.
A quei tempi, internet non era come oggi, quindi tutto partiva da riviste e dalla videoteca del paese, dove cercavo riferimenti ad altri film di Argento. Questa ricerca mi portò a scoprire perle come “C’era una volta il West” e “Zombi” di George Romero. Ancora oggi ricordo con enorme gioia e terrore “Profondo Rosso”, che, nonostante gli anni che si porta appresso, riesce ancora a coinvolgermi come la prima volta. E questo capita raramente oggigiorno.