Porco Rosso – “Solamente” l’ennesima perla di Miyazaki
In “Porco Rosso” c’è più che mai l’urgenza di fuggire dalla realtà, o forse ancor più di distruggere il confine tra racconto fantastico e cronaca di un’epoca affascinante e buia al tempo stesso. Hayao Miyazaki in questo film d’animazione riporta le sue riflessioni su un mondo in continuo cambiamento, spesso dimenticandosi del passato appena trascorso, al centro del proprio cinema. Nelle gesta del pilota di idrovolanti Marco Pagot, riscopriamo la voglia di rimanere stupiti di fronte a traiettorie visive e narrative di una, seppur semplice, eleganza disarmante. “Porco Rosso” racconta la storia di Marco Pagot, aviatore italiano, eternamente innamorato dell’amica d’infanzia Gina, che durante un combattimento aereo si trova a vivere una esperienza di premorte.
Piuttosto che diventare un fascista, meglio essere un maiale
Miracolosamente sopravvissuto, il suo aspetto prende le sembianze di un maiale. Ritiratosi dall’esercito, diventa un cacciatore di taglie. Noto ai pirati dell’aria come Porco Rosso, Pagot vive delle ricompense che riesce a recuperare, fino a quando l’arrivo di un pilota americano di nome Curtis e la conoscenza con la giovane progettista Fio, lo costringeranno a rimettere in discussione la propria identità di uomo e pilota. “Porco Rosso” di Hayao Miyazaki ci racconta ancora di una mutazione dovuta a un evento tragico come la guerra, della necessità di dover accettarsi per come si è, anche quando le scelte compiute non ci hanno indirizzato verso i nostri sogni.
Ancora una volta il regista nipponico si sofferma sul confronto della percezione del proprio io, riflettendo su come quelle che ognuno ritenga delle personalissime colpe, lascino segni indelebili su come ci si rapporta con gli altri e con sé stessi. È facile per chi guarda da fuori accettare che il protagonista sia un maiale, molto più di quanto non lo sia per lui che in quelle vesti ci si è malauguratamente ritrovato, per dei motivi sconosciuti (un maleficio suggerisce l’amica Gina, ma forse questo altro non è se non la guerra combattuta).
In “Porco Rosso” lo sguardo procede leggero sui fotogrammi, si perde tra le nuvole e su quelle iperboliche traiettorie aeree che da sole descrivono la materia fantastica come qualcosa di raggiungibile. Nella pellicola ci si sofferma spesso sulla necessità di ritrovare il proprio io, ma anche sul fatto che la strada per raggiungerlo passa necessariamente attraverso incontri improbabili e perché no, la demolizione di alcune certezze. Non è un caso che proprio la giovane Fio riesca a vedere, seppur per un attimo solamente, il vero Marco quando egli si aprirà a lei raccontandogli il peso che porta dentro sé.
Proprio quando lei gli chiederà una storia per addormentarsi, l’aviatore gli racconterà la sua, il disturbo interiore che lo ha reso ciò che è agli occhi di chiunque. Ma cos’è il turbamento dell’animo? Impossibile dare una risposta. Miyazaki però sembra suggerire che questo si può affievolire, stigmatizzare attraverso la condivisione dello stesso. Ogni uomo porta il proprio peso dentro di sé, sottoforma di errori che vorrebbe non aver commesso, che preferirebbe cancellare. E cos’è la guerra se non lo sbaglio maggiore dell’uomo nonché prova della sua stupidità? Chi può mettere fine alla deficienza virile?
Un maiale che non vola è solo un maiale
In quella sfida finale tra Porco e Curtis, si nasconde forse la più importante verità del maestro giapponese. Una volta che i due si ritrovano impossibilitati a vincere l’uno sul l’altro sarà la bellissima Gina a fermali. Ancora una volta una donna è il fulcro per la salvezza dell’uomo, attraverso la dolcezza e l’obbiettività si sconfigge la cecità della forza. E non è un caso se la voce fuori campo della giovane Fio, assistiamo a un finale poetico e delicato che il maestro nipponico ci consegna con la stessa eleganza di un’acrobazia aerea pressoché perfetta, suggerendoci che le donne sono il viatico per un futuro migliore rispetto a un presente che l’uomo sa demolire continuamente.