Poltergeist – Sono inotorno a noi!
Tobe Hooper, Steven Spielberg e la ILM di Gorge Lucas, con “Poltergeist” realizzano un film dalla potenza espressiva devastante, mascherando in una pellicola di genere la visione pessimistica del futuro che potrebbe prospettarsi alle famiglie di ceto medio-borghese. Costruiscono una pellicola profetica descrivendo la lenta rottura del nucleo famigliare, in seguito all’inserimento di un fattore esterno ad esso quale la televisione. Non è un caso se per comunicare questo pericolo sia stato scelto come motore visivo un film orrorifico, in quanto da sempre il genere attira lo spettatore di qualsiasi età obbligandolo a confrontarsi con le proprie emozioni.
Da impotenti osservatori piombiamo drasticamente nella quotidianità della famiglia Freeling, dove una volta scesa la notte vediamo il padre addormentato davanti al televisore, la madre da sola in un giacilio coniugale mezzo vuoto, figli che affrontano problemi e paure nella solitudine delle loro stanze. Giorni uguali si rincorrono nel grigiore di un sogno famigliare spento da portare avanti, fino alla sera in cui la figlia più piccola sveglia tutti dal torpore, facendosi trovare a parlare con una presenza che solo lei vede, all’interno di uno schermo televisivo scevro da immagini di qualsivoglia tipo.
Proprio la mente più innocente sarà quella corrotta per prima dalle presenze poste dall’altra parte del rumore catodico, annunciando al resto della famiglia di avere dei nuovi abitanti all’interno del loro domicilio. Quello che all’inizio sembra un sogno interpretato da ognuno dei Freeling a proprio piacimento, si trasformerà nel più tetro degli incubi, portandoli a credere nell’impossibile quando la figlia, viene rapita dagli spettri che popolano la casa, attraverso lo schermo televisivo portatore fino ad allora di interessanti novità. Solo attraverso il ricongiungimento dell’infranto specchio familiare, risiederà la possibilità di salvezza della bimba, riportandola alla realtà e al calore sconosciuto nel freddo mondo in cui è stata imprigionata.
Poltergeist è il termine usato per descrivere avvenimenti inspiegabili quali rumori, spostamenti o rotture di oggetti, è una parola di origine tedesca recante il significato letterale di spirito rumoroso. Proprio nei rumori delle vuote trasmissioni televisive dei palinsesti inizi anni ottanta Steven Spielberg, qui in duplice veste di produttore e sceneggiatore, vede il pericolo a cui sono sottoposte la maggior parte delle famiglie, ovvero la rottura dei legami e del dialogo tra i membri della stessa, con conseguente distaccamento e appiattimento delle figure familiari. In “Poltergeist” la storia non lascia niente al caso e fortunatamente, trova nella messa in scena realizzata da Tobe Hooper, la concretizzazione visiva adeguata perché risulti incisiva al punto giusto.
Il ritmo spento iniziale, aumenta in un vortice di terrore crescente, fino allo spettacolare finale in cui tutto ritornerà al suo posto, ed anche lo schermo televisivo non troverà più spazio all’interno del ritrovato nucleo famigliare dei Freeling, venendo espulso con una disarmante semplicità, in una scena che conclude degnamente il racconto. Film pessimista che però mette sotto gli occhi di tutti un problema, quello dei rapporti umani, con cui ormai siamo talmente abituati a convivere che nemmeno ci facciamo più caso. Trovarsi ad esempio, a cenare assieme ad altri, con lo sguardo rapito dalle luci provenienti da una televisione in cui non ci identifichiamo, è da considerare la vittoria della stessa sul nostro animo umano.
La vittoria della concretezza sull’immaginazione, sui sogni che da sempre hanno alimentato le nostre vite ed hanno fatto in modo di farci raggiungere obbiettivi insperati. In “Poltergeist” la televisione propone alla bambina l’illusione di una esperienza nuova, a prima vista impossibilitata a nascere all’interno della famiglia, per poi riportarla all’intima realtà delle cose che possiamo chiedere solo ad una persona a noi vicina. Alla fine cosa vi spaventa di più? Essere assorbiti da un palinsesto televisivo dispensatore di certezze oppure il contatto con altre persone? Pensate agli spettri rapitori di “Poltergeist”, desiderosi d’avere ancora un contatto con la realtà, ed impossibilitati per via della loro natura immateriale, la prossima volta che preferirete essere assorbiti da uno schermo parlante.