Pacific Rim – La Rivolta – Semplicemente deficiente
Sono passati diversi anni dalla chiusura della breccia nell’oceano Pacifico, da allora la terra non è più stata attaccata dai Kaiju. Il fatto che la minaccia aliena sia stata debellata e il mondo possa finalmente vivere una certa serenità, sta facendo diventare i robot Jaeger un retaggio di un passato difensivo lontano. Jake Pentecost (John Boyega) figlio dell’eroe Stacker Pentecost, vive nella clandestinità, commettendo piccoli furti e ricettazioni varie. Quando la minaccia aliena tornerà sulla terra questo assieme a Nate Lambert (Scott Eastwood), formerà una squadra di piloti per difendere nuovamente il pianeta dall’invasione.
Qualcosa alla base di “Pacific Rim – La Rivolta” non funziona, il film diretto da Steven S. DeKnight (qui al suo esordio cinematografico) è un fallimento totale qualsiasi fosse l’ambizione di partenza (che è sicuramente quella di vendere gadget più che di realizzare un buon titolo). Seguito della pellicola diretta nel 2013 da Guillermo del Toro (La Forma dell’acqua), questo nuovo capitolo rivela ben presto il suo essere un involucro vuoto, che nemmeno per addizione di effetti speciali riesce in qualche modo a coinvolgere.
Con “Pacific Rim – La Rivolta” è palese, basti sentire il nuovo tema musicale del film a conferma di quanto segue, l’imposizione da parte dei produttori di cambiare toni e ritmi rispetto al capitolo precedente, in modo da allargare il più possibile il pubblico e garantirsi maggiori incassi in oriente (dove il primo capitolo ha incassato maggiormente). Purtroppo però una sceneggiatura a quattro mani ha portato come risultato un enorme pasticcio su tutti i livelli.
Se “Pacific Rim – La Rivolta” fosse stato una versione più in grande del primo episodio, limitandosi a una regia funzionale e di maniera, ci si troverebbe a guardare comunque un film migliore, sicuramente almeno decente.
La storia prende spunto da puntate sparse di varie anime giapponesi, senza però mai riuscire a rielaborarle in un unico plot compatto. Il risultato è una serie di eventi che funzionano meglio singolarmente piuttosto che incollati uno di seguito all’altro da un montaggio privo di ogni senso del ritmo. Questo porta a non immergere mai lo spettatore dentro lo spettacolo, mettendone in luce i difetti che durante la visione rendono sempre meno godibile quel poco di buono che la pellicola propone.
Se la storia non è credibile, va da sé che i personaggi e i loro archi narrativi non risultano solamente stereotipati, ma quasi offensivi per l’intelligenza di chi si trova a guardarli. Non che il primo “Pacific Rim” brillasse per originalità di storia (sempre di alieni contro robot e personaggi squadrati), però la messa in scena del regista messicano era talmente potente che almeno alla prima visione ci si immergeva nel racconto dimenticandosi qualsiasi altra cosa (da vertigini il primo tentativo di connessione dei piloti che sfocia nei ricordi d’infanzia di lei).
Questo seguito invece non riesce a trovare una sua identità (in questo senso sostituire alla fotografia Guillermo Navarro con Dan Mindel ha appiattito anche l’aspetto visivo), ma si ritrova ad essere vittima di una sceneggiatura ignobile coadiuvata da una regia indegna. Se “Pacific Rim – La Rivolta” fosse stato una versione più in grande del primo episodio, limitandosi a una regia funzionale e di maniera, ci si troverebbe a guardare comunque un film migliore, sicuramente almeno decente.
Invece questo secondo capitolo oltre ad essere, assieme agli ultimi capitoli di “Transformers”, uno dei peggiori film d’intrattenimento degli ultimi dieci anni almeno, apre una ulteriore riflessione sulla crisi che si sta abbattendo sui blockbuster americani non tratti dai fumetti. Pur essendo una immane porcheria “Pacific Rim – La Rivolta” ha il merito di farci apprezzare una volta di più il primo film della saga diretto da Guillermo del Toro. Magari però non era questo l’obbiettivo che si era prefissata la produzione quando avvallò il progetto.