NOPE

REWIND_DIARIO_DI_UN_CINEFILO_PIGRO

“Rewind è la videoteca ideale, che comprende quei film che non dovrebbero mai mancare in una collezione home video che si rispetti.

Terzo film per il regista americano Jordan Peele che con “Nope” abbraccia nuovamente il cinema di genere, ma questa volta si sposta nelle sempreverdi praterie della fantascienza, attraversando territori che in passato hanno regalato titoli indimenticabili capaci di plasmare l’immaginazione di più d’una generazione di spettatori. “Nope” è un blockbuster figlio di quel cinema del fantastico e dell’ignoto che riscriveva la fantascienza negli anni ottanta, ma non si limita ad ammodernare vecchi canovacci. Peele come nei suoi precedenti lavori infonde anche in questo una marcata cifra stilistica, evitando l’ennesima produzione che fa leva sulla nostalgia di un cinema estinto, tanto caro a sguardi che ricercano derive precise e conosciute (poco inclini alla novità).

La storia in breve…

“Nope” è la storia di OJ e Emerald Heywood, fratello e sorella che ereditano l’azienda di famiglia dopo la morte del padre. Gli Heywood sono addestratori di cavalli per l’industria cinematografica, quando una sera uno dei loro destrieri scappa dal ranch come impazzito, OJ si mette alla ricerca dell’animale imbattendosi suo malgrado in qualcosa di inaspettato: una sagoma rotonda che si muove tra le nuvole. Raccontato l’accaduto alla sorella, i due vedono una possibilità di riscatto economico dalla vendita di filmati e immagini contenenti quella che credono sia un’astronave aliena nascosta nel cielo sopra il loro ranch. Inizierà per i due un’avventura che li condurrà vicini ad un vero e proprio incubo.

Il Film

Con “Nope” il regista di New York cambia nuovamente “pelle”, fuggendo ancora una volta da una zona di confort creativa, allontanandosi dai toni e atmosfere che lo portarono al successo con “Get Out”. Nonostante il cambio di passo dovuto al genere fantascientifico, Peele si conferma abilissimo, ancora una volta, nella costruzione dell’attesa e della tensione. Questo terzo film però mette definitivamente in luce la capacità del cineasta nella creazione di un blockbuster che è da un lato spettacolare e coinvolgente, quanto politico e mai banale nel racconto portato sul grande schermo. Rispetto a “Get Out” e “Noi”, “Nope” risulta a tratti meno coeso sul piano narrativo, ma è pur vero che portata e le dimensioni sono diverse dalle precedenti pellicole.

Nope

In quella che sembra una pianura sconfinata invasa da sabbia e terra, l’avventura degli Heywood ricorda il piacere della scoperta, la ricerca dell’ignoto, propria della fantascienza cinematografica che si diverte a immaginare mondi e creature oltre ogni immaginazione. Peele riporta al centro di tutto lo sguardo e ragiona su come per l’uomo l’atto di visione confermi il reale. Poco importa se si tratta di un disco volante, o se una serie di fotografie che allineate e mosse in sequenza restituiscono l’impressione di vedere un fantino a cavallo, se l’occhio vede, la mente crede e su questo “Nope” porta sullo schermo uno spettacolo incredibilmente riuscito, stratificato, capace di appassionare come pochi altri visti di recente.

Nope

Lontano da franchiste milionari o adattamenti di testi famosi, “Nope” narra una storia nata e pensata per il cinema, dandogli quindi una spinta che opere derivative con mire seriali non possono ambire, soprattutto in virtù del loro essere parte di un mondo crossmediale prima che cinematografico. Jordan Peele invece riporta al centro del grande schermo lo spettacolo puro, quello fatto di meraviglie, dove la tecnologia si mischia alla materia e la teoria diviene pratica di messa in scena. Certo nel suo appassionato modo raccontare le vicende degli Heywood, il film ogni tanto si concede qualche leggerezza, ma focalizzare l’attenzione su qualche snodo narrativo usato per portare avanti il racconto significa essere refrattari all’immagine.

Nope

Immagine che in “Nope” ha l’eleganza della fotografia di Hoyte Van Hoytema (“Ad Astra”, “Tenet”), e il potere del serratissimo montaggio ad opera di Nicholas Monsour (“Noi”). E se l’intrattenimento è garantito dosando sapientemente l’azione, la critica alla società attuale tutta incentrata sul visivo è la proverbiale ciliegina sulla torta che il regista e sceneggiatore americano si concede all’interno del film. Peele rispetto ai precedenti lavori è più teorico che politico, ma anche la pellicola guarda più all’intrattenimento che alla riflessione, ciò non toglie che la lucidità con cui intreccia cuore e cervello dà vita a un film appassionante e indimenticabile, ricco di sfaccettature da vedere e rivedere più volte, rimanendone ogni volta felicemente affascinati.

Appunti: Il potere dello sguardo

Una vera e propria folgorazione. Questa è stata sensazione alla prima visione di “Nope”. Se penso che questa è avventura tra le mura domestiche e non nel buio della sala non mi do pace. Si perché averlo mancato su grande schermo è il più grande rimpianto del mio 2022 cinematografico. Il film di Jordan Peele è semplicemente incredibile, non privo di difetti, ma ha talmente tanto da consegnare sull’altare della qualità che limitarsi a evidenziarne le sbavature non ha minimamente senso, nemmeno se siete tra coloro che solitamente godono a puntare il dito sulle note stonate, nella ricerca di una totale coerenza nel racconto.

Nope

Questa volta miei cari immolarvi nel vostro esercizio preferito, ossia la “stroncatura da puttanata”, non farà altro che mettere in mostra la vostra totale incapacità di lettura dell’opera. Si perché “Nope” non è un film divisivo, ma è “semplicemente” un blockbuster dannatamente riuscito, o per riassumerlo con una sola parola in voga nei social network: bello. Nonostante avessi apprezzato le precedenti pellicole di Peele, non sono mai stato tra quelli che si sono strappati le vesti e hanno dato fuoco a incensi per idolatrare l’originalità di “Get Out” o l’eleganza di “Noi”. Ma con “Nope” il regista americano fa breccia nel mio cuore e nella mia mente allo stesso tempo.

Nope

Quindi non mi resta altro da fare se non togliermi il cappello in segno di stima. Si perché questo film è un atto d’amore verso quella fantascienza che si divertiva a raccontare l’ignoto, a scatenare la fantasia dello spettatore, ma allo stesso tempo sa essere un lucido testo politico sull’eccessivo sfruttamento dell’immagine che sta portando a una saturazione tale da rendere ognuno di noi sempre più affamati della stessa. “Nope” è quindi un blockbuster spettacolare, allo stesso tempo intelligente, ma pur essendo un lavoro palesemente autoriale è alla portata di qualunque sguardo, da quello più esigente, a quello che ogni due per tre si distrae guardando il cellulare.

Nope

Visivamente è elegantissimo, mescola stilemi cinematografici di ieri con quelli di oggi e, almeno sul fronte stilistico, guarda a oriente con quelle forme tanto sinuose della creatura aliena che ricorda l’opera indimenticabile di Hideaki Anno. Sicuramente “Nope” gioca sull’effetto sorpresa e lo fa al meglio delle sue possibilità, ma anche a visioni successive restituisce sempre un senso di grande spettacolo che nel cinema americano sembra latitare da troppo tempo (si pensi alla parabola di Gordy, un racconto nel racconto che diviene spiegazione di tutto). Insomma Peele osa e vince la scommessa sia con sé stesso che con il pubblico, dando vista ad uno spettacolo indimenticabile, da vedere più volte e da discutere ogni qual volta troviate qualcuno che l’abbia visto.

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