Mission: Impossible – Chi sei tu?
Una squadra del gruppo Mission:Impossibile, segretissimo dipartimento di controspionaggio della C.I.A., si trova a Praga per impedire la compravendita di un archivio recante le vere identità degli agenti di questo misterioso reparto. Coordinata da Jim Phelps (Jon Voight) abile burattinaio del gruppo che vede nell’agente Ethan Hunt (Tom Cruise) il suo uomo di punta, la missione da compiere consiste nel penetrare sotto falsa identità ad un ricevimento nell’ambasciata americana, per incastrare la presunta talpa che tenterà di rubare i dati dell’archivio dal computer in cui sono contenuti per poi rivenderli.
Tutto va per il verso giusto fino a quando uno ad uno i membri della squadra vengono assassinati, si salverà solo Ethan Hunt che verrà accusato suo malgrado di essere lui la talpa. Da qui inizia per Hunt una corsa folle per smascherare i veri colpevoli e ottenere il riscatto dalle accuse. Diretto da Brian De Palma (Vestito per uccidere, Delitto a luci rosse) il film ispirato alla serie televisiva creata da Bruce Geller, è un vero è proprio congegno ad orologeria che incolla lo spettatore alla sedia grazie ad una trama ricca di sorprese, inscenata con una cura per i dettagli maniacale.
De Palma impara, anzi pesca con chirurgica accuratezza, dai Bond di annata cosa piace al pubblico della sala, lo mischia a quello che i fan della serie si aspettano, e condisce il tutto con il suo gusto estetico, creando così la sua personale visione di Mission: Impossibile.
Il regista italo-americano s’inventa un modo tutto suo di trasporre su grande schermo un’opera di derivazione televisiva, invece di utilizzare solamente il nome in modo “pubblicitario”, lui trasforma la materia studiata per il piccolo schermo in qualcosa di visivamente impeccabile, quasi come se avesse individuato gli intenti allora falliti o solamente abbozzati, rendendoli possibili con l’utilizzo del mezzo cinematografico. La struttura strizza l’occhio in più di un’occasione alla controparte catodica, basti pensare ai titoli di testa montati utilizzando frammenti stessi del film, oppure allo scarso utilizzo di effetti speciali digitali, però contemporaneamente crea qualcosa di nuovo per il grande schermo.
De Palma impara, anzi pesca con chirurgica accuratezza, dai Bond di annata cosa piace al pubblico della sala, lo mischia a quello che i fan della serie si aspettano, e condisce il tutto con il suo gusto estetico, creando così la sua personale visione di Mission: Impossibile. Eccoci fin da subito immersi in una serie di ingranaggi dove il visivo è importantissimo, in quanto unico e solo portatore di verità e prezioso alleato per risolvere l’intricatissimo complotto. Tutto è mescolato, tutto è doppio, nessuno è chi dice di essere oppure quello che gli altri pensano sia, basta vedere ad esempio il trafficante d’armi Max, ma il film non si ferma qui.
Se da un lato la trama fa in modo di non farci comprendere lo schema globale prima del termine della pellicola confondendoci le idee, De Palma inserisce in ogni scena un indizio per sbrogliare molto prima dello spettacolare finale, il bandolo della matassa, facendoci trovare le risposte alle domande che lo stesso protagonista si pone per le quasi due ore di film. Ma la pellicola in questione non è solo sostanza, non ci troviamo di fronte ad un thriller di spionaggio dallo svolgimento statico, ma anzi proprio per il nome che porta scene dal contenuto spettacolare non mancano.
Proprio in queste ancora una volta la mano di De Palma entra in scena ed in pochi istanti riesce ad innalzare attenzione e tensione nello spettatore, basti vedere la scena in cui Tom Cruise assieme a Jean Reno si intrufolano nel quartier generale della C.I.A., o il confronto tra Hunt e Kittridge in un ristorante di Praga per capire quanto bravo sia questo cineasta nello stupire, lo spettatore. La sensazione che restituisce l’operato del regista è alquanto insolita, per spiegarla brevemente De Palma riesce a risvegliare un istinto “voyeuristico” nello spettatore, trasformandolo a sua volta in una spia che osserva ed analizza le gesta delle pedine giocanti.
Ma per quanti elogi si possano tessere anche “Mission: Impossibile” ha i suoi difetti, se la partitura musicale di Danny Elfman è bella e rispettosa dell’originale di Schifrin, non si può dire sia altrettanto funzionale nel supportare alcune scene. Il film poi si sviluppa in un ritmo scostante, alternando momenti di stasi ad altri fin troppo movimentati, al di là di questi due gravi difetti si arriva alla fine divertiti e contenti dello spettacolo, quindi la missione si può dire conclusa nel migliore dei modi.