MACHETE

MACHETE – Ignoranza in salsa messicana

Chi segue da qualche tempo la filmografia di Rodriguez non può essersi dimenticato la prima apparizione ufficiosa del personaggio di “Machete” in “Desperado”, rifacimento in salsa americana del primo film del regista, quel “El Mariachi” che stupì la critica e lo fece conoscere al pubblico. Già in quella prima apparizione il personaggio con le fattezze di Danny Trejo (attore feticcio di Rodriguez), sembrava creato per non essere dimenticato in fretta, poi la conferma arrivò con il finto trailer di “Machete” inserito all’interno di “Grindhouse”.

MACHETE

Dagli anni novanta a oggi Rodriguez ha sicuramente portato avanti un percorso cinematografico votato al divertimento satirico misto all’azione estrema e coreografica (ovviamente trascurando i film per famiglie), trasformando i suoi protagonisti in vere e proprie icone pop (il personaggio del mariachi in cerca di vendetta ne è l’esempio migliore), dal passato travagliato e futuro sempre incerto. Con “Machete” il regista messicano filma la sua opera probabilmente più divertente a patto di accettarne regole e dettami fin dall’inizio del film, dove in sostanza in un piccolo incipit apprendiamo di aver di fronte una pellicola violentissima, ignorante e assolutamente sarcastica.

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Rodriguez guida lo sguardo dello spettatore tra citazioni cinematografiche di ogni tipo, si diverte a decostruire figure comuni come il prete o il politico (il personaggio meno riuscito del film), e allo stesso tempo ne ricostruisce delle altre passando per i dettami cui il suo cinema ci ha abituati. Tra queste le più riuscite sono quelle femminili, su cui spicca Michelle Rodriguez alla quale per l’ennesima volta è affidato un ruolo in cui la fisicità è al centro del personaggio, ed anche qui come nel precedente “Planet Terror” nel cinema del regista si disegna sempre di più la figura di un’eroina che per diventare tale deve essere menomata di qualcosa.

MACHETE

“Machete” avanza per la sua durata su di una trama in sostanza inutile se non per creare pretesti per far compiere al protagonista nuove “eroiche” gesta condite da battute utili solo per strappare un sorriso e far digerire l’accumulo di situazioni che si creano fino allo scontro finale. Completamente fuori dagli schemi il cinema di Rodriguez in questo caso, sembra aver guadagnato un anarchico equilibrio che lavora sul messaggio diretto senza preoccuparsi di scavare sotto la superficie.

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Lasciando alla mente di chi guarda intendere quello che vuole dalla sua visione del cinema, quest’anarchia però non giova completamente al film perché rischia di lasciare completamente estraneo lo sguardo di chi vuole anche qualcosa di più, di chi vuole lavorare con la propria mente la materia, piuttosto che crearla dove non questa non ha forma. Come esclama il protagonista “Machete non manda messaggi”; per cui tra sbudellamenti, scene di nudo, personaggi che entrano ed escono come meteore, lo spettatore deve entrare in un’altra dimensione e improvvisare per approcciarsi a un’opera altrimenti indigeribile.

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