Non è mai semplice rimaneggiare un film che ha già una trasposizione più che riuscita. “L’inganno” di Sofia Coppola riprende il testo di Thomas Cullinan e si distanzia dalla precedente messa in scena di Don Siegel (in Italia “La notte brava del soldato Jonathan“). Il risultato è una pellicola capace di raccontare l’intimo universo del desiderio femminile, portato alle sue più estreme conseguenze. Il film racconta la vicenda del Caporale McBurney (Colin Farrel), soldato dell’esercito nordista trovato ferito in un bosco dalla giovane Amy. La ragazza mossa da compassione decide di aiutarlo nonostante esso faccia parte della fazione rivale, portandolo nel collegio femminile dove lei è ospitata.
In principio la direttrice, signora Martha (Nicole Kidman), decide di curarlo per insegnare alle ragazze il valore della carità cristiana. Con il passare dei giorni il caporale diventerà lentamente una presenza tutt’altro che di secondo piano e la direttrice si convince a tenerlo sotto il loro tetto come aiuto domestico, piuttosto di consegnarlo all’esercito del sud. Nel frattempo McBurney farà innamorare di se Edwina (Kirsten Dunst), la vice direttrice, ragazza scappata dalla città per immergersi in un mondo da cui vuole nuovamente fuggire. Ma l’uomo finisce presto per risvegliare il desiderio sessuale della signora Martha così come quello di alcune studenti, fino alla sera in cui tutti gli equilibri verranno a distruggersi.
C’è una guerra fuori dal collegio, al di là del bosco che lo circonda si sentono esplosioni e si scorgono fumi. Lo sfondo agli eventi de “L’inganno” viene costantemente negato allo sguardo, relegato al fuori campo motore degli eventi dell’intera storia: la ferita che costringe McBurney ad accettare l’aiuto di quelle sette donne. Sofia Coppola crea nuovamente un cinema intimo, mai malinconico ma sicuramente oscuro. “L’inganno” diviene la pellicola gemella e allo stesso tempo speculare per i toni della precedente “Marie Antoinette”. Ancora una volta la regista americana inscena un mondo femminile chiuso dentro a dei confini prestabiliti, dove il ruolo dell’uomo questa volta diventa principale.
Le sue donne non si piegano davanti alla necessità sessuale, ma non nascondo il desiderio della figura maschile che sembra ogni giorno consumarle un po’ di più. Il maschio nel film gioca su questo, ignorando il sentimento e quindi il rischio dell’abuso della propria posizione. Egli comprenderà a proprie spese l’importanza del sentimento tradito e quando Edwina, l’unica veramente sincera nei suoi confronti mostrerà di essere comunque disposta ad accettarlo, sarà troppo tardi. La guerra continua fuori dal bosco e il collegio femminile ritroverà nuovamente il proprio equilibrio, anche se il prezzo da pagare sarà molto alto e il peccato di cui si macchieranno non sarà più quello sessuale.
Sofia Coppola porta lo sguardo fuori dal tempo, in un mondo tutto suo che potrebbe essere ieri o anche domani, non necessariamente nella seconda metà del 1800. Alla cineasta non interessa la guerra secessione americana, così come in “Marie Antoinette” non interessava la Francia della rivoluzione, eventi, come già scritto relegati al fuori campo, necessari per definirne gli stilemi culturali ma allo stesso tempo superflui. “L’inganno” è cinema controllato, fatto di piccoli cambiamenti continui, che da lenti si susseguono sempre più veloci, fino a riscrivere completamente le coordinate di tutti i personaggi.
Sofia Coppola sa esplorare l’universo femminile come pochi altri. Riesce a suggerire quanto questo possa essere spietato e diretto, così come dolce e indiretto (tutte le avance delle donne sono sempre gestuali e mai verbali). Vedere questo gruppo di donne che desiderano il nemico, fino a odiarlo è una deriva lenta ma che nel finale fulminerà qualsiasi sguardo. “L’inganno” nella sua ultima inquadratura rivela tutta la sua natura, chiude su se stesso un universo che sa essere più spietato di quella guerra al di là del bosco. Le battaglie non si combattono solamente con le armi, ma anche con i sentimenti la violenza questa volta è capovolta.