La mummia – La tomba dell’Imperatore Dragone – In ritardo
Sette anni, tanti ne sono serviti per dare vita a “La mummia – La tomba dell’Imperatore Dragone” terzo capitolo delle avventure della famiglia O’Connell. In questo lasso di tempo il cinema è cambiato, il gusto del pubblico pure e questo sembra essere chiaro ai produttori, ma molto meno agli sceneggiatori che nel bene o nel male, a parte le fascinazioni da cartolina dovute alla nuova ambientazione orientale, non allontanano questo terzo episodio da quelli che lo hanno preceduto. Se “La Mummia – Il ritorno” sembrava un racconto dal fiato corto, questo terzo capitolo rinuncia a trovare una propria identità, preferendo adagiarsi sul riciclo di una struttura narrativa che funziona, ma che è palesemente fuori tempo massimo per appassionare lo sguardo.
“La mummia – La tomba dell’Imperatore Dragone” ci porta con il giovane figlio degli O’Connel in terra cinese, dove si trova a inseguire il proprio sogno, la ricerca della tomba del crudele Qín Shǐ Huángdì (Jet Li). Maledetto dalla strega Zi Juan (Michelle Yeoh) dopo aver ucciso l’uomo che amava, lo spietato imperatore giace con la sua armata in attesa che qualcuno lo risvegli. Quando Rick ed Evelyn O’Connel partiranno alla volta di Shangai per scortare un prezioso diamante, scopriranno che il figlio ha ritrovato i resti dell’imperatore invece di essere al college, andranno su tutte le furie, ma il risveglio di Qín riunirà la famiglia nuovamente per salvare il mondo da una possibile apocalisse.
Il terzo capitolo della saga porta con sé altre due importanti novità oltre all’ambientazione orientale. “La mummia – La tomba dell’Imperatore Dragone” vede infatti il regista Rob Cohen sostituire Stephen Sommers (che rimane tra i produttori), ma anche Maria Bello prendere il posto di Rachel Weisz nel ruolo di Evelyn O’Connel. Se questa seconda sostituzione non sembra funzionare sempre al meglio, la prima restituisce a questo terzo capitolo un ritmo sicuramente migliore dell’episodio precedente. Le nuove entrate nel carnet dei personaggi sono il vero motivo d’interesse attorno a un racconto che ripropone comunque se stesso, spostandosi in un immaginario, quello orientale, che restituisce una certa aria di novità, se non narrativa certamente estetica.
Rob Cohen non è Sommers e lo si vede per come dirige l’azione e il carrozzone di effetti speciali che il film propone. Pur non reinventando la ruota “La mummia – La tomba dell’Imperatore Dragone” riesce ad essere un capitolo compatto e coeso, capace di restituire quella sensazione di luna park spettacolare che decretò il successo della pellicola del 1999. Purtroppo però arriva fuori tempo massimo, quando la formula per quanto svecchiata fatica a stupire. Di certo si rivela meno noioso e più concreto de “La mummia – il ritorno”, ma è difficile che possa essere apprezzato da chi si avvicina alle avventure degli O’Connel per la prima volta. Non un’occasione sprecata, ma il déjà vu aleggia su ogni fotogramma.