King Kong

King Kong – Le cose belle durano poco

Il nuovo film del regista Neozelandese Peter Jackson di sicuro, “King Kong“, non è un capolavoro privo di difetti, certamente non sarà ricordato come un remake rivoluzionario ed originale, e purtroppo dopo aver visto gli effetti speciali de “La vendetta dei Sith” o “La guerra dei mondi” non si può dire che possegga una veste visiva mai vista prima, per quanto imponente, d’impatto e ben fatta sia. Di sicuro però lo possiamo senza tanti problemi considerare uno dei migliori film d’intrattenimento dell’ultima decade cinematografica, ed anche uno dei migliori remake mai realizzati ad oggi.

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La storia si svolge durante gli anni della grande depressione americana, dove conosciamo un regista Carl Denham, interpretato da un fantastico Jack Black, che sta per dirigere una produzione cinematografica priva di attrice e sull’orlo del fallimento. Alla ricerca disperata di una protagonista per partire verso un’isola inesplorata dall’uomo, si imbatterà in Ann Darrow (Naomi Watts) la quale accetterà d’imbarcarsi in questa avventura filmica. Arrivati a destinazione si ritroveranno in mezzo ad ogni tipo di pericolo che la natura incontaminata di “Skull Island” gli metterà di fronte, ma soprattutto faranno la scoperta più incredibile che mente umana ricordi, ossia quella di Kong, un centenario gorilla gigante signore indiscusso di quella incontaminata oasi verde.

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Riportare al cinema un personaggio come King Kong è un’impresa che avrebbe fatto solo un pazzo, o come in questo caso un regista innamorato del personaggio proprio come Jackson ha dichiarato di essere. Ed una volta spente le luci in sala lo spettatore si ritrova a vedere una pellicola non perfetta, ma piena di un innaturale amore per la storia e i personaggi come non la si vedeva da molto tempo. Il film che alla fine altro non è se non una rilettura drammatica del racconto de “La bella e la bestia” riesce a trasferire perfettamente allo spettatore l’emozione giusta al momento giusto, e questo non è poco.

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Dopo la trilogia dell’anello il regista non ha ancora una mano ferma e dicisa nell’uso della macchina come ci si sarebbe aspettati, ma però ha assimilato in maniera incredibile la regola base di questo tipo di film, ossia che l’attenzione dello spettatore va sempre pilotata e tenuta alta in modo da immergerlo negli avvenimenti che sta vedendo, abbattendo la barriera tra finto e reale. Infatti non c’è scena in cui non ci si senta coinvolti, sia quando il ritmo accelera e sia quando frena, la scelta dei tempi fatta da Jackson è perfetta ed infatti ogni parte del film finisce prima di diventare asfissiante.

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Aggiungendo a questo una ottima caratterizzazione di tutti i personaggi, ci ritroviamo alla fine delle tre ore di visione con quella sensazione di appagamento che negli ultimi film di questo genere manca per i più svariati motivi. Ma non è tutto oro quello che luccica e nonostante alla fine il film sia uno spettacolo riuscito ed entusiasmante, ha dei punti deboli sui quali siamo disposti a chiudere un occhio solo per la qualità globale del pacchetto. Nonostante l’ottima caratterizzazione dei personaggi, alcuni di questi risultano poco utili nell’economia del racconto, al punto da chiedersi a cosa servivano realmente dato che alcune sottotrame non vengono mai sviluppate a dovere.

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Infatti molti di questi risultano essere solo delle insignificanti pedine al servizio della spettacolarità, un peccato dato che tagliando le scene in cui questi compaiono il film si sarebbe ridotto giovando non poco alla durata finale. Altro problema sono di sicuro le musiche, tema d’amore a parte, risultano incolore passando così in secondo piano per la quasi totalità della visione, non descrivendo al meglio le immagini con la conseguenza di non supportare degnamente certe sequenze. Ultimo punto a sfavore è sicuramente aver realizzato alcune scene che ad oggi la grafica computerizzata non è in grado di gestire al meglio, su tutte la sequenza in cui gli avventurieri scappano rincorsi da alcuni dinosauri.

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Quest’ultimo punto avrebbe dovuto far capire a Jackson che le forbici in fase di montaggio dovevano essere più presenti, diminuendo la durata generale, vero tallone d’Achille del film, ma omogeneizzando la qualità visiva globale. Però come detto sin dal principio il film del regista Neozelandese non è perfetto, ma epico, pieno d’amore per il cinema e per la storia racconta, al punto che gli si perdonano tutti i “peccati” in esso contenuti. Spielberg e Lucas ora hanno da prendere in mano un testimone rovente dato che il gorillone di Jackson lo possiamo considerare il nuovo punto di riferimento per i film d’intrattenimento.

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