Immaculate: Un horror che annega nelle sue stesse ambizioni
“Immaculate“, diretto da Michael Mohan, si fa ricordare più per la scelta di depotenziamento della carica sensuale della sua protagonista, Sydney Sweeney, che per la sua originalità narrativa o per altre qualità distintive. Ancora una volta, ci troviamo di fronte a un film in cui orrore e spiritualità si intrecciano, ma che, pur mostrando potenzialità interessanti sul piano teorico, non riesce a tradurle efficacemente sullo schermo. Il risultato è un’opera in cui le premesse sembrano suggerire grandi cose, ma il racconto non riesce mai a raggiungere l’intensità promessa.
La trama segue Cecilia, una giovane sopravvissuta a un annegamento durante l’infanzia, un evento traumatico che la spinge a dedicare la sua vita a Dio e a prendere i voti come suora. Trasferita in un convento di clausura in Italia, la protagonista inizia una nuova vita di preghiera e riflessione, fino a quando una serie di eventi misteriosi inizia a turbare la quiete del monastero. Qui, il film cerca di costruire tensione attraverso l’inquietudine generata da una spiritualità devota che lentamente si trasforma in un incubo.
Il vero fulcro del film sembra essere la presenza di Sydney Sweeney, con la sua fisicità ridotta ad attrattiva principale in un contesto che dovrebbe invece sviluppare atmosfere più profonde e angoscianti. La sceneggiatura fa affidamento su di lei come ancora di salvezza, ma non riesce a darle uno spessore tale da elevare l’intera opera. Questo approccio finisce per mettere in risalto i difetti di un copione pieno di incongruenze, che non riesce a legare coerentemente i vari elementi della trama.
Il ritmo della pellicola è esasperatamente lento, e il tono serioso che pervade ogni scena non fa che aggravare la situazione, enfatizzando i difetti di scrittura e montaggio. Gli spaventi, quando arrivano, sono timidi e prevedibili, incapaci di generare vera paura o tensione. Al contrario, “Immaculate” induce più spesso sbadigli che brividi, rendendolo un’esperienza faticosa e priva di slancio.
In definitiva, “Immaculate” non riesce a imporsi come un horror riuscito né come un film capace di esplorare in modo efficace il legame tra orrore e spiritualità. L’assenza di vero terrore e il ritmo soporifero rendono questa pellicola un prodotto dimenticabile, più interessato a sfruttare la presenza della sua protagonista che a costruire una narrazione coerente e avvincente.