Il colore venuto dallo spazio

Il colore venuto dallo spazio – Bentornato Richard Stanley

“Il Colore venuto dallo spazio” fa tornare dietro la macchina da presa Richard Stanley regista di culto poco conosciuto al di fuori del genere horror, per adattare un racconto di H.P. Lovecraft, scrittore dell’orrore e del fantastico depredato in ogni modo nel corso degli anni. Il risultato, nemmeno a dirlo, è debordante. “Il Colore venuto dallo spazio” è una vera e propria rivelazione, un lavoro di adattamento che sicuramente non piacerà ai puristi dello scrittore di Providence, ma che risulta non solo riuscito, ma anche capace di unire due mondi cinematografici lontanissimi come il body e l’art horror. Il collante, per quanto improbabile, scelto è Nicolas Cage, come sempre sopra le righe, ma capace d’infondere a Nathan Gardner, il protagonista, quella follia paradossa di chi si ritrova a fare i conti con un orrore che supera ogni tipo di raziocinio.

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Il film ci racconta la storia della famiglia Gardner che stanca della città si trasferisce nelle campagne del New England, poco fuori Arkham. Nella fattoria ereditata da Nathan Gardner si respira pace e tranquillità, fino alla notte in cui un meteorite non si schianta proprio vicino ad essa. Da quel momento il terreno sembra infettarsi, l’aria rarefarsi e l’acqua cambiare sapore. Ogni cosa attorno a quel masso sembra lentamente mutare, lo spazio e il tempo sembrano cambiare tingendosi di quello strano colore venuto dallo spazio che si sprigiona dal meteorite. Anche i Gardner lentamente capiranno di non essere immuni al cambiamento che li porterà alla scoperta di un male ignoto e profondo, che mente umana non può sopportare.

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“Il Colore venuto dallo spazio” segna il ritorno alla regia cinematografica di Stanley dopo dei trascorsi non piacevoli che per più di un ventennio lo hanno fatto propendere per allontanarsi da tali produzioni. Quello che il regista di “Hardware” e “Demoniaca” mette assieme è un lucido esempio di come con pochi mezzi, ma un sapiente uso degli stessi, si possa creare la giusta atmosfera portandola alle più tragiche conseguenze, adattando comunque un racconto popolare e amato da molti, sicuramente tradendolo nell’estetica ma non nell’animo. Ma il film del regista è anche un ritorno a un horror che non può esimersi dalla critica sociale e dal fotografare l’attuale bassezza raggiunta dall’animo umano. I Gardner che lasciano la città per ritrovarsi in quello che è un piccolo paradiso naturale, in effetti non apprezzano ciò che li circonda. Il consumismo e la necessità di possedere li ha inevitabilmente corrotti, ne è un esempio esplicito la figura della moglie Theresa, che ha seguito il marito ma in realtà è più attaccata al proprio lavoro che alla famiglia.

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La famiglia americana ancora una volta è al centro del racconto, ed è proprio il punto in cui questo male extraterrestre si ritrova più facilmente ad agire. Dividere ciò che non è unito, se non in apparenza, è molto più semplice di quanto sembri. “Il Colore venuto dallo spazio” concentra molta attenzione sulla condanna dell’individualismo e dell’edonismo di un tessuto sociale corrotto irreversibilmente già prima dell’arrivo del male. E la negazione dell’orrore porterà la famiglia Gardner alle più terribili conseguenze, perché comunque il film di Richard Stanley ha anche un’anima horror spiccata e intensa. Il regista costruisce perfettamente l’atmosfera del racconto che farà esplodere verso la fine in un crescendo di violenza, deformità e mutilazioni, che ricordano le più celebri trasposizioni di Lovecraft, su tutte “From Beyond” di Yuzna. Certo a “Il Colore venuto dallo spazio” manca la “tangibilità” della carne e il gusto osceno della metamorfosi mostrata, ma il suo scopo non è spaventare attraverso la deformità o la celebrazione del sangue, ma sottolineare che da un momento all’altro qualcosa di inspiegabile può arrivare a sovvertire ogni equilibrio e andarsene altrettanto facilmente subito dopo. Non sarà mai annoverato come il miglior adattamento dei soggetti di Lovecraft, ma “Il Colore venuto dallo spazio” verrà ricordato come uno dei più riusciti.

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3.5
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