Hellboy – Poche luci e molte ombre per questo reboot
Imprigionata da Re Artu la strega malvagia Nimue (Milla Jovovich), ha atteso per anni la sua vendetta nei confronti del genere umano. Hellboy (David Harbour) è un essere mezzo demone e mezzo uomo, che combatte mostri ed altre creature che minacciano la vita sulla terra. Una volta risvegliata la strega del sangue, questa vedrà in Hellboy il compagno ideale per portare la distruzione sul pianeta, sarà proprio il diavolo rosso a dover fare i conti con la sua più intima natura e trovare il coraggio di lasciarla andare e salvare il mondo dalla distruzione.
Terzo film dedicato al personaggio ideato da Mike Mignola che abbandona Guillermo del Toro dietro la macchina da presa per trovare l’inglese Neil Marshall (The Descent). La pellicola mette in scena una rivisitazione del personaggio e può essere fruita a prescindere dalla visione dei precedenti lungometraggi ad esso dedicati. Questa nuova trasposizionedi “Hellboy” abbandona quel sapore fantasy/retrò proprio dei film diretti dal regista messicano, abbracciando una deriva “piacevolmente” horror/digitale, che non convince appieno sul piano realizzativo, ma che aderisce comunque bene al racconto.
Marshall tecnicamente è molto abile nell’imbastire una messa in scena con risorse limitate creando una pellicola fieramente di serie “B”. Questo nuovo “Hellboy” diverte nonostante una scrittura maggiormente snella, avrebbe giovato alla coesione del racconto. Tra i difetti maggiori della pellicola troviamo degli effetti speciali digitali poco rifiniti che male s’incastrano nelle scene, ma soprattutto una sceneggiatura troppo densa di eventi e personaggi e come spesso accade in questi casi, incapace di dare spessore a tutto quello che porta sullo schermo. “Hellboy” in due ore di durata si prefigge di raccontare la storia principale, le origini del personaggio, creare un piccolo mondo credibile e aprire la strada ad un eventuale seguito. In effetti il film riesce a raggiungere tutti gli obbiettivi che si prefigge, ma non nel migliore dei modi.
“Hellboy” a parte questi due difetti pesanti, si rivela un b-movie realizzato da chi aveva idee chiare sulla tipologia di pellicola che doveva mettere in scena. Marshall dirige un film chiassoso, divertente che non disdegna il sangue e capace di immergere con leggerezza lo sguardo nelle atmosfere cupe del personaggio. Il regista inglese ha garbo nel costruire le scene d’azione e si muove a proprio agio quando in queste deve infilare dei momenti tipicamente horror (esempio perfetto di questo dualismo è la sequenza in cui il protagonista incontra Baba Jaga), solitamente estranei a questo tipo di produzione. In definitiva “Hellboy” si rivela essere un passatempo migliore del previsto, soprattutto in virtù della presunta realizzazionetravagliata, nonostante in più di qualche punto ceda vistosamente sotto il peso dei troppi eventi ansioso di raccontare.