Gods Of Egypt 

Gods Of Egypt – Un film rozzo

Dall’esordio con “Il Corvo”, cult istantaneo anche per le vicissitudini produttive, e un secondo film divenuto a sua volta cult come “Dark City”, il regista egiziano Alex Proyas con “Gods of Egypt” torna a mettere la sua firma su di un blockbuster ad alto budget, dopo i discreti successi ottenuti con “Io Robot” e “Segnali dal futuro”. La carriera del cineasta non ha più raggiunto le vette degli esordi abbracciando col tempo una deriva sempre più commerciale e di maniera. Ne è la conferma questa pellicola che mischia avventura e mitologia, che si rivela l’ennesimo lavoro di mestiere in cui l’effetto speciale primeggia sul racconto. 

Gods Of Egypt 

“Gods Of Egypt” racconta di un’epoca in cui uomini e dei vivevano in armonia nelle terre baciate dal Nilo. I due fratelli Osiride e Seth rappresentano gli equilibri su cui si basa l’Egitto e governano rispettivamente due diverse parti del regno. Horus, figlio di Osiride, sta per succedere al padre, ma nel giorno della sua incoronazione Seth ucciderà il fratello e manderà in esilio il nipote. Il giovane umano Beck dopo aver perso la donna che ama, stringerà un patto con Horus il quale promette di riportala in vita se il giovane lo aiuterà a sconfiggere Seth. I due inizieranno un’avventura che li cambierà per sempre.

Gods Of Egypt 

Alex Proyas dirige la classica produzione dal grande budget tipica del cinema americano, che mescola l’avventura al fantasy, raccontando una storia semplice e lineare, che tenta di far leva su valori universali adattandosi così a ogni tipo di pubblico. L’idea di trasporre sullo schermo la mitologia egizia porta in dote una spettacolarizzazione degli eventi, che trova nel racconto epico lo sposalizio perfetto. Proyas nel migrare sullo schermo la sceneggiatura ad opera del duo formato da Matt Sazama e Burk Sharpless (loro anche “Morbius”), mette tutto l’impegno necessario per mantenere alto il ritmo del racconto e la spettacolarità degli eventi narrati. Purtroppo però “Gods of Egypt” è minato da alcune scelte comprensibili ma poco funzionali.

Gods Of Egypt 

Tra queste quella che affossa la riuscita della pellicola è la scelta di affidare alla computer grafica la realizzazione di ogni ambiente su cui si muovono i personaggi. Le scenografie digitali del film seppur in gran misura ben realizzate (ne è un esempio l’aldilà, o il tempio di Osiride), non si amalgamano mai ai personaggi per via di scelte fotografiche che mettono in rilievo l’artificiosità del tutto invece che attenuarla. Per le due ore di durata “Gods of Egypt” risulta visivamente artificioso, portando lo sguardo ad estraniarsi dal racconto piuttosto che immergersi in esso. La sensazione è di trovarsi davanti a un rozzo film d’animazione, più che un’avventura in cui miti e leggende trovano il loro spazio sullo schermo cinematografico.

Gods Of Egypt 

Nemmeno il cast sembra aiutare Proyas, con Gerald Butler nel ruolo di Seth che interpreta l’ennesima variazione del Leonida di “300”. Mentre il duo di protagonisti formato da Brenton Thwaites (Beck) e Nikolaj Coster-Waldau (Horus), sono credibili nei rispettivi personaggi, ma spesso si ritrovano in situazioni al limite del ridicolo (come l’incontro con Ra che segna probabilmente il picco più basso della carriera di Geoffrey Rush). “Gods of Egypt” al netto dei suoi molti difetti, può rivelarsi un guilty pleasure per tutti coloro che sono orfani di questo genere di produzioni che soprattutto negli anni ‘80 popolavano in abbondanza le sale cinematografiche. Per tutti gli altri è l’ennesimo braccone in CGI del tutto evitabile.

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