Cold in July – Un thriller inaspettato
Con “Cold in July” il regista Jim Mickle, porta sullo schermo il romanzo di Joe R. Lansdale da cui il film eredita il titolo. La storia vede un rapinatore fare irruzione durante la notte nella casa di Richard Dane (Michael C. Hall), un semplice corniciaio che vive in un piccolo paese del Texas. Il nostro in preda alla paura impugna la pistola e fa partire un colpo che uccide il ladro. Consumato dal rimorso per il gesto compiuto, Dane inizierà a chiedere alla polizia locale informazioni sul criminale, scoprendo così che ha un padre ex detenuto, Russel (Sam Shepard), ancora in vita.
Sarà proprio quest’ultimo che cambierà la vita di Dan, in principio tentando di vendicarsi per la morte del figlio, poi stringendo una sorta di amicizia con il corniciaio. I due scopriranno che la polizia ha mentito sull’identità del rapinatore. Inizieranno quindi una propria indagine per scoprire dove sia realmente il figlio di Russel e per riuscirci, chiederanno aiuto all’investigatore Jim Bob, ex veterano della guerra di Corea nonché allevatore di bestiame. L’America ha bisogno di essere raccontata ancora una volta e oggi, forse addirittura più di ieri, è ancora il rapporto padre/figlio quello che mette in discussione ogni tipo di valore.
Il corniciaio Dan è pronto a tutto per salvaguardare la sua famiglia e mettere al sicuro il figlio, che rappresenta la memoria di sé da tramandare. Opposto a lui troviamo invece Russel, ugualmente genitore desideroso di riunificarsi con un figlio abbandonato a sé stesso, che ora non può e non deve rappresentare il suo lascito al mondo. Incontro e scontro generazionale si consuma in “Cold In July” sullo sfondo di un’America che finge di non vedere i propri lati oscuri, che preferisce rinnegare i figli piuttosto di metterli sulla retta via.
Il film di Jim Mickle inizia come un thriller, trasformandosi in un giallo per poi sfociare in commedia nerissima, riflette sui peccati di una nazione che nel tentativo di sistemarli ne compie a sua volta, in un circolo vizioso che sembra non aver fine.
Il film di Jim Mickle inizia come un thriller, trasformandosi in un giallo per poi sfociare in commedia nerissima, riflette sui peccati di una nazione che nel tentativo di sistemarli ne compie a sua volta (esempio quello che la polizia voleva fare a Russel), in un circolo vizioso che sembra non aver fine. Forse l’unico modo per affrontare il problema non è più con un metodo, ma solo con la maldestra forza di volontà personale, proprio come farà Dan, salvandosi e salvando il suo piccolo pezzo di sogno americano.
“Cold in July” vede tre attori perfettamente calati nei rispettivi ruoli (tra cui un irresistibile Don Johnson), portare avanti una storia di amicizia virile e giustizia privata, dai toni e risvolti inaspettati, sullo sfondo decadente di uno stato le cui uniche meraviglie albergano nei ricordi gloriosi che già nel 1989, anno in cui si svolge il racconto, erano sogni di un tempo che forse non è mai esistito se non nell’immaginario popolare. Pungente come la punta di un coltello, “Cold in July” regala uno spettacolo a metà tra “Killer Joe” di William Friedkin e “Non è un paese per vecchi” di Cormac McCarthy, nonostante qualche punto mal calibrato, si rivela uno spettacolo da guardare con mente aperta e occhi disillusi.