Cloverfield

Cloverfield – Se lo vedi è vero!

Una sera come tante a New York, in un appartamento si festeggia la brillante carriera di un giovane. Musica, amici ed una videocamera per “scrivere” il ricordo della serata. Ad un tratto un boato ammutolisce ogni altro suono della metropoli, subito dopo il cielo si riempie di fiamme, da li a poco le grida della gente divengono la colonna sonora di una notte che rimarrà per sempre ricordata con il nome in codice “Cloverfield”. Non si sa come sia possibile, ma un gigantesco mostro cammina per le vie della città distruggendo tutto quello che gli si para di fronte e spezzando le vite dei cittadini che incontra.

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Il gruppo di amici che poco prima erano alla festa iniziano un esodo verso la presunta salvezza filmando quell’incredibile notte con l’occhio digitale della loro videocamera. “Cloverfield” racconta del passato (ed è un racconto al passato), parla di un’evento disastroso che ha sconvolto una città ed i suoi abitanti, arrivato dal nulla senza apparente scopo, questo mostro di godzilliana memoria fa strage di qualsiasi cosa. Non c’è tempo per riflettere sulla cosa migliore da fare in una notte di panico e terrore, gli istinti sono l’unico modo per sopravvivere alla follia.

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A destra e sinistra regna solamente l’anarchico istinto di autoconservazione che esplode in ogni essere quando prende coscienza di essere vicino alla propria fine. “Cloverfield” è un film catastrofico a dimensione umana, anche se l’idea (mal riuscita) di simulare delle riprese fatte con una videocamera DV spesso e volentieri provoca un sovraccarico dello sguardo, la pellicola di Matt Reeves è un’ulteriore esempio di cinema apocalittico post 11 Settembre. Il film inizia proprio premettendo che la visione delle quasi due ore di girato altro non è se non un documento video, una testimonianza, dei fatti così come sono accaduti, per cui anche se tutto può risultare incredibile, purtroppo non lo è.

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“Cloverfield” è un prodotto sci-fi di nuova concezione ed allo stesso tempo vecchissima, continuando quanto iniziato da Emmerinch con “The Day After Tomorrow” e migliorato da Spielberg ne “La guerra dei mondi”, ritaglia all’interno della sua durata tutta una serie di critiche più o meno velate alla società odierna, ancora incapace di riprendersi da quando accaduto quell’11 Settembre 2001, giorno che i media in generale hanno reso ancor più barbaro mostrando al mondo in tempo reale un evento troppo forte per venire assimilato dalla mente di chiunque.

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Nel film come nella realtà a testimoniare l’esistenza del mostro, a dare veridicità ai fatti è un telegiornale che riprende (come nel 2001?) cosa sta accadendo in quei momenti, ed ha addirittura il potere di bloccare il tempo riuscendo ad ipnotizzare delle persone davanti ad uno schermo tv, le quali nonostante la piena coscienza del pericolo imminente non riescono a soffocare la loro curiosità.

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“Cloverfield” dopo la premessa esposta prime ed una presentazione mirata dei personaggi, gioca a sua volta allo stesso modo con lo spettatore, il quale spinto dalla smania di vedere, capire, supporre, si ritrova ipnotizzato dalle immagini proprio come quelle persone davanti ad un telegiornale. Se il confine tra realtà e finzione diviene meno gli unici che possono realmente fare distinzione tra le due cose siamo solo ed unicamente noi, esseri viventi ancora in grado di pensare in maniera individuale e che oggi più di ieri abbisognamo almeno nella finzione di bei sogni e non di incubi come questo “Cloverfield”.

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2.5
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