Bullet Train – Umorismo e azione
Adattamento del romanzo “I sette killer dello Shinkansen” di Kôtarô Isaka (che sicuramente dopo l’uscita del film scopriremo avere un sacco di estimatori nascosti come da prassi italica), “Bullet Train di David Leitch con protagonista Brad Pitt, è una commedia d’azione tanto divertente quanto cinematograficamente superficiale. Il suo soffermarsi al piano dell’intrattenimento “per tutti” senza troppi sottotesti, si trasforma in un punto a favore del ritmo, assolutamente indiavolato, ma sopratutto favorisce la spettacolarità dell’azione.
In “Bullet Train” un treno che collega Tokyo a Kyoto, diventa terreno di scontro per sette sicari che si ritrovano casualmente tutti a condividere il medesimo viaggio. Tutto ha inizio quando uno di loro chiamato “Ladybug”, ruba una valigetta piena di denaro, custodita assieme al figlio del capo yakuza da due killer professionisti di nome “Tangerine”(Aaron Taylor-Johnson) e “Lemon”. Oltre a questo terzetto, il treno nasconde altri criminali, che per qualche scherzo del destino sono tutti in qualche modo legati al boss della mafia giapponese. Molto presto scopriranno che se si ritrovano tutti sul treno non è per via del caso, ma perché qualcuno, con un piano preciso, li ha voluti riunire.
David Leitch torna dietro la macchina da presa abbandonato i franchise milionari di casa Marvel e Universal. Il risultato è un film decisamente più “anarchico” e sopra le righe, ma anche più in linea con le precedenti pellicole del regista come “Atomica Bionda“. Graziato da un cast in parte e assolutamente divertente (ma anche divertito è il caso di dirlo) “Bullet Train” vive di pura azione, perfettamente coreografata, tenuta assieme da un pretesto narrativo tanto esile quanto funzionale: il destino, o la sfortuna per riprendere uno dei mantra ricorrenti di uno dei protagonisti. Il film si limita a divertire evitanto di dare un qualsiasi tipo di spessore al racconto.
Anzi lo mette in scena in modo assai frivolo, ma che gli consente di creare un filo d’unione sufficiente a giustificare le continue sequenze d’azione. Ed è proprio quando i vari personaggi combattono tra di loro che “Bullet Train” da il meglio. L’azione è ben ideata e coreografata (d’altronde Leitch prima di passare dietro la macchina da presa era uno stunt-man), ma è anche inquadrata e montata così da renderla sempre leggibile da chiunque (niente montaggi velocizzati, tagli costanti e telecamera ballerina, qui tutto è sempre comprensibile). La violenza presente è sempre molto sopra le righe, un po’ come tutto il film del resto, questo conferisce toni fumettistici al tutto.
Nonostante sia abile a tenere il film assieme, David Leitch fatica a gestirne la parte finale, che arriva con dieci minuti di ritardo e dura sicuramente cinque minuti di troppo. Questo però non intacca lo stilizzato carrozzone che è “Bullet Train”, capace nella sua superficialità contenutistica, a intrattenere senza grossi problemi chiunque sia in cerca di puro e semplice spettacolo pirotecnico. Chi invece è in cerca di qualcosa che vada oltre la mera azione eviti di salire sul treno di David Leitch e Brad Pitt.