Blonde

Blonde – Il martirio di un’icona

Netflix e il regista Andrew Dominik danno vita a “Blonde”, biografia molto romanzata di una delle attrici più famose di sempre: Marylin Monroe. Il regista neozelandese torna ad occuparsi nuovamente di una figura che ha segnato un periodo storico degli Stati Uniti d’America. Lo fece in precedenza con “L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford“, con Brad Pitt protagonista e un incredibile Casey Affleck nei panni di Ford. In “Blonde” Dominik collabora nuovamente con Pitt, qui in veste di produttore, dedicandosi anche alla sceneggiatura che adatta per lo schermo l’omonimo romanzo di Joyce Carol Oates. Il risultato è un film che riflette sul peso e il prezzo della notorietà.

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“Blonde” inizia quando la giovanissima Norma Jeane viene affidata ad un orfanotrofio, questo a causa delle manie suicide della madre che incolpa la figlia per la fine della relazione con il padre. Da qui con un balzo temporale la giovane Norma Jeane inizia anche ad essere Marylin Monroe, attrice in ascesa che si ritroverà velocemente a scalare un successo inimmaginabile. Nel frattempo si susseguono matrimoni e crisi depressive, queste dovute alla difficoltà che Norma incontra nel gestire la scomoda presenza di Marylin nella vita lontano dai riflettori. Marylin logora Norma e viceversa, eppure hanno bisogno l’una dell’altra per sopravvivere in un microcosmo in cui l’apparenza è la sola cosa che conta.

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Prima che su Marylin Monroe questo “Blonde” è un film sulla difficoltà di scindere pubblico e privato, sulla gestione di una fama che richiede un prezzo altissimo all’icona del momento. La povera Norma Jeane vorrebbe semplicemente essere sé stessa in un mondo che non è minimamente interessato a lei, ma solamente al suo alter ego studiato a tavolino per piacere al pubblico. Quella scomoda figura bionda entrata nell’immaginario collettivo, capace di segnare l’industria cinematografica ma anche la cultura popolare americana prima, del mondo intero poi, logora la sanità mentale di Norma, che combatte contro una forza inarrestabile: la bramosia del pubblico.

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La “leggenda” di Marylin Monroe, nonostante siano passati sessant’anni dalla scomparsa, è tutt’altro che tramontata e “Blonde” non fa che confermarlo. In tutto questo tempo rimane una figura, sicuramente controversa, ma anche incredibilmente interessante. Ecco che quindi il film immagina una quotidianità privata, divenuta interessante dopo la sua scomparsa, dato che prima l’opinione pubblica era divisa in due netti poli opposti, concentrati e attratti solamente sulla superficie di una figura bidimensionale costruita per attirare il maggior numero di attenzioni. “Blonde”, grazie anche ad un’incredibile prova attoriale di Ana de Armas nei panni della protagonista, porta sullo schermo il ritratto di una donna spezzata e in lotta con la parte di lei che non la rappresenta.

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Dominik è interessato al conflitto interno tra Norma Jeane e Marylin Monroe e tenta di analizzare quel confine dove una finisce e l’altra inizia. Un rapporto tra due forze opposte, ma che esistono una in funzione dell’altra, in un circolo vizioso da cui è impossibile uscire. Un duello degno di “Eva contro Eva” dove due personalità distinte vogliono primeggiare. E mentre il primo piano “Blonde” si concentra su questo corto circuito della persona, sul corpo oggetto di una donna, lo sfondo dipinge i successi, le figure maschili più importanti nella vita dell’artista e le scelte che l’hanno portata inesorabilmente verso una fatale autodistruzione.

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Oggi la battaglia tra essere e apparire della diva arriva allo sguardo con ancor più lucidità, trovando nell’era dei social network e degli influencer, il parallelo perfetto in un periodo dove la maggior parte delle persone crea un alter ego virtuale per sfuggire alla realtà e salire alla ribalta. Oggi nell’enorme vetrina internettiana nessuno si limita a essere sé stesso, ma vuole (pretende?) impersonare la migliore versione di sé, lasciando più di qualche briciolo di personalità sul pavimento. Nessuno oggi vuole essere Norma, tutti vogliono essere Marylin, si preferisce abbandonare il proprio io, preferendo di apparire personaggio, esattamente l’opposto di ciò che cercava Norma Jeane e che “Blonde” ci ricorda per tutta la sua durata.

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La pellicola raccontando una figura carismatica di ieri sintetizza perfettamente il presente. Purtroppo però il film di Andrew Dominik è anche costellato di scelte, se non discutibili, sicuramente incomprensibili. Tra queste il costante passaggio da bianco e nero e colori, come pure i vari cambi di formato dell’immagine. La computer grafica a volte fatica ad amalgamarsi con il quadro, ma tra le cose positive troviamo un cast in gran forma, un montaggio che riesce comunque a mantenere una certa vivacità del racconto e soprattutto, la colonna sonora firmata Nick Cave & Warren Ellis perfettamente in simbiosi con le immagini.

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Al netto dei vari difetti e di alcuni momenti che sfociano nel grottesco, o se si preferisce nell’imbarazzo involontario, “Blonde” risulta uno spettacolo convincente e appassionante. La scelta di non enfatizzare il personaggio di Marylin Monroe per concentrarsi sulla persona Norma Jeane è un azzardo, ma porta ad un risultato che convince. Meno patinato del previsto e sicuramente più drammatico e “grezzo” di quanto fosse lecito aspettarsi, il film di Dominik racconta un’icona scavando nelle fragilità dell’animo, mettendo sotto i riflettori il peso della fama e non l’eccitazione ad essa legata. Una pellicola d’auto che sicuramente dividerà, ma che vale almeno una visione a prescindere dal rapporto che si ha con il mito di Marylin Monroe.

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