Anastasia – Un nuovo spirito per le principesse animate
“Anastasia” di Don Bluth e Gary Goldman racconta il mito dei reali russi, i Romanov, partendo dal momento di massimo splendore, che come spesso accade precede la più tremenda delle discese verso l’inferno. Tutto inizia con un ballo, momento in cui la giovane Anastasia riceve in regalo dalla nonna un carillon. Le due, molto legate, si dovranno separare per gli studi che la nipote andrà a fare nella capitale francese e quel piccolo oggetto diventa il simbolo della loro unione. Ma mentre la festa inizia ad arrivare verso il culmine farà il suo ingresso lo stregone Rasputin, che invidioso dello Zar Nicola, gli scatenerà contro i bolscevichi mettendo a rischio le vite dell’intera famiglia reale. Aiutate da un giovane sguattero, Anastasia e sua nonna riusciranno a fuggire dal palazzo. Nella corsa verso la salvezza le due si divideranno e la giovane ragazza perderà la memoria a seguito di una caduta, finendo così in un orfanotrofio. La nonna salva a Parigi offre una ricompensa a chiunque le riporterà la nipote e quando la ragazza, che ora viene chiamata Anya, esce dall’orfanotrofio si unirà a due truffatori di nome Dimitri e Vladimir, i quali vedono in lei la principessa scomparsa. I tre inizieranno la loro avventura che li porterà in Francia, ma ad ostacolarli ci sarà nuovamente Rasputin, ormai un fantasma senza anima, in attesa di ultimare la sua vendetta contro i Romanov.
In parte debitore ai musical del rinascimento Disney, “Anastasia” di Don Bluth cambia per sempre la figura della principessa animata
Ancora una principessa animata, ancora una storia che procede sulla struttura del musical, ma questa volta Don Bluth e Gary Goldman nel cercare una personalità propria rispetto alle produzioni Disney, danno vita ad un racconto che se non esplode mai veramente sul fronte musicale, grazie alla caratterizzazione dei personaggi principali, emoziona oltre le aspettative. “Anastasia” vive su una intuizione narrativa tutt’altro che banale e scontata: l’importanza della memoria nella definizione di ciò che siamo. Mettendo le tracce di un tempo perduto al centro delle vicende della protagonista, unica a non sapere nulla del suo passato, il suo viaggio dalle nevi russe alle strade della moda francese, si trasforma in un percorso di ricerca interiore prima che di formazione. Di fatto la giovane Anya è una principessa che non sa di esserlo e paradossalmente troppo concreta e disillusa per credere nel sogno, seppur in cuor suo questo aspetti solamente di essere risvegliato.
“Anastasia” vive su una intuizione narrativa tutt’altro che banale e scontata
Tra momenti comici ed altri più votati all’azione, il lungometraggio animato di Bluth e Goldman, non riesce a trovare una forma completamente personale di narrazione. Debitrice alle produzioni Disney nelle figure di praticamente ogni personaggio di contorno (si pensi a Bartok il pipistrello), ma anche nella struttura musicale dei lungometraggi animati più classici. Dove “Anastasia” però compie un balzo della fede andando a scardinare stilemi ben conosciuti è nel tratteggiare la protagonista. La giovane Anya non è una donna da salvare, ma incarna una figura femminile che si rivelerà eroina fino in fondo. La donna ora ha un ruolo di centralità ed importanza nel compiere il proprio destino, sottolineando che anche le principesse fiabesche possono salvare il principe. Anya incarna proprio una figura che esige disporre della sua vita in totale libertà, senza limitarla o aver bisogno necessariamente di un uomo per affrontare gli ostacoli più difficili. Tra canzoni e un’animazione tradizionale che ogni tanto fatica ad amalgamare bene matita e computer grafica, “Anastasia” passa indenne la prova del tempo proprio per la sua narrazione fresca di una principessa che può aiutare chi le sta accanto e non solo essere aiutata.